Fismo: l’export corre di più ma segnali di ripresa anche dal mercato interno. Manzoni: “Non soffocarli con aumento Iva”
Il premio degli imprenditori italiani del commercio moda va alla Maison Trussardi. Si è tenuta questa mattina, presso l’Auditorium A. Nori in via Nazionale 60 a Roma, l’assegnazione del Premio Moda 2018 Fismo Confesercenti che ha visto la Trussardi S.p.A. aggiudicarsi il riconoscimento.
“Siamo molto lieti di consegnarlo – ha detto il presidente Fismo Roberto Manzoni – ad una delle più prestigiose Case di moda italiane, conosciuta per le sue straordinarie creazioni e per l’innovazione che ha saputo apportare nel settore, rispettando tecniche sartoriali artigianali e puntando su di un Made in Italy di altissima qualità”.
“È con grande piacere che ricevo il premio Fismo-Confesercenti e ringrazio l’Associazione per l’impegno costante nella valorizzazione di questo importante comparto dell’economia italiana – ha detto Maria Luisa Trussardi. Il marchio Trussardi è espressione di una famiglia che, mantenendo la propria identità milanese, ha da sempre diffuso l’eccellenza dello stile italiano in tutto il mondo. Il nostro obiettivo è quello di trasmettere al consumatore finale non un semplice prodotto, ma un’identità, un gusto e uno stile di vita di una famiglia italiana con una storia e una tradizione di oltre cento anni. Il Made in Italy deve guardare avanti e proiettarsi verso il futuro. Sostenibilità, comunicazione, digitalizzazione e formazione dei giovani, sono i temi sui quali è necessario trovare una linea comune per affrontare le sfide dei prossimi anni, senza perdere tempo”.
Moda italiana – i dati economici
Nemmeno la moda, comparto tradizionalmente forte dell’economia italiana, è stata immune alla crisi economica, soprattutto sul mercato interno.
Mentre infatti le imprese esportatrici, pur diminuendo (tra il 2011 ed il 2015 sono passate da 14.371 a 13.900) sono riuscite ad aumentare il valore delle esportazioni (+9%, a quota 35 miliardi di euro nello stesso periodo), i negozi di moda hanno avuto una performance peggiore: tra il 2011 ed il 2015 sono spariti oltre 30mila negozi, tra abbigliamento e accessori.
Negli ultimi due anni, però, si sono registrati deboli segnali di ripresa. Il valore delle esportazioni ha incrementato la crescita portandosi a 37 miliardi di euro. Francia, Germania e Stati Uniti sono i principali partner commerciali per l’industria della moda, tuttavia, è la Cina a registrare il maggior incremento delle importazioni dei nostri prodotti di settore: +206% tra il 2006 e il 2016.
Anche il mercato interno mostra un leggero miglioramento: nel 2017 l’emorragia dei negozi di moda si è ridotta (-2mila imprese), ed i consumatori sembrano aver recuperato interesse, nonostante si senta ancora chiaramente l’effetto della crisi.
Secondo un sondaggio condotto da SWG per Fismo Confesercenti, negli ultimi due anni il 67% degli italiani segnala un aumento della spesa rispetto al periodo della crisi. Anche i consumatori che si orientano verso prodotti di qualità medio-alta (54%) superano per la prima volta dal 2013, seppure di poco, la quota di italiani che si orienta invece al low-cost (42%). In recupero anche l’appeal dei negozi di moda: il 30% degli intervistati segnala infatti di aver aumentato la frequenza con cui comprano nei negozi, una percentuale superiore anche all’online (20%) e outlet (17%).
Le difficoltà, però, non sono ancora finite: oltre un italiano su quattro (il 27%) dice di stare ancora tagliando i consumi di moda. E chi taglia, lo fa soprattutto per ragioni di budget: il 40% segnala difficoltà economiche, mentre il 23% afferma di aver deviato le risorse su altre spese improrogabili (tasse, multe, debiti, etc…).
“Il made in Italy della moda è un successo nel mondo, ma in Italia, paradossalmente, si trova ancora in una situazione di fragilità”, commenta Roberto Manzoni. “I flebili segnali di speranza raccolti nell’ultimo anno, che ancora non si sono trasformati in ripresa effettiva, vanno però rinforzati. La politica – ha incalzato Manzoni – deve riconoscere il ruolo fondamentale di questo settore. Chi investe nella moda deve poter contare su credito, formazione e su una regolamentazione chiara su vendite on line, outlet, saldi e contraffazione. Solo quando il comparto moda vedrà riconosciuto il ruolo fondamentale che ha nell’economia del Paese tornerà a credere e investire nel futuro. Almeno, ci attendiamo che i segnali positivi non siano soffocati sul nascere. Per questo riteniamo assolutamente necessario bloccare gli aumenti IVA previsti dalle clausole di salvaguardia, che farebbero salire di oltre 2 punti l’aliquota per i prodotti d’abbigliamento e accessori: sarebbe un grave colpo ai consumi di moda, difficile da recuperare”.