Il Ministero delle Finanze ha emesso una nuova Risoluzione ministeriale che fornisce indicazioni sull’intassabilità delle superfici delle attività produttive di rifiuti speciali non assoggettabili a TARI.
La risoluzione riveste particolare importanza ai fini della determinazione delle superfici tassabili ed intassabili, soprattutto in riferimento ad alcune categorie, le cui attività producono rifiuti speciali non assimilabili ai rifiuti urbani (ad esempio macellerie, pescherie, gastronomie…).
La nota ministeriale, riferita alle attività industriali di produzioni di tubi in acciaio senza saldatura, partendo dal fatto che le disposizioni in materia di TARI, L. 147/13, art. 1, comma 649, prevedono che “nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente”, consente di considerare “intassabili” quelle aree, sulle quali si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali.
Ciò vale sia per i capannoni industriali, ma anche per le superfici su cui si formano in via continuativa e prevalente rifiuti speciali.
Assoggettando le aree produttive a TARI, infatti, si darebbe origine, in tutti i casi, ad una ingiustificata doppia imposizione, dovendo i rifiuti speciali essere smaltiti mediante privati e a spese dell’impresa.
La Risoluzione afferma che su tale fattispecie il Comune non ha margini di discrezionalità.
Alla luce di quanto premesso i titolari delle attività avviate per la prima volta dovrebbero riportare nella dichiarazione relativa alla IUC, rispetto alla superficie totale dell’esercizio, la sola parte di superficie assoggettabile alla TARI, esclusa quella non assoggettabile perché produttiva di rifiuti speciali.
In questo caso, per gli esercizi alimentari (macellerie, pescherie, gastronomie…) produttori di rifiuti speciali, andrebbe riportata, rispetto alla superficie complessiva, solo quella della vendita vera e propria, con esclusione del locale di sezionamento, frazionamento dei tagli o lavorazione, disossamento, preparazioni.
Per le attività già in essere, i titolari potrebbero presentare una dichiarazione di variazione delle superfici assoggettabili a TARI, escludendo le superfici produttive di rifiuti speciali, sempre in linea con le determinazioni del Comune in materia di assimilabilità agli urbani.
Come si evince facilmente, la Risoluzione ministeriale appare molto importante per le implicazioni relative alla tassazione locale.
Proprio in virtù di tale impatto e per evitare contenziosi con le amministrazioni locali in sede di rettifica delle superfici assoggettabili si suggerisce alle imprese interessate di recarsi presso le locali sedi di Confesercenti per stabilire le azioni da intraprendere.
Il limite a detta interpretazione consiste nella considerazione delle attività di nostro interesse quali attività formalmente appartenenti al settore commercio, secondo la classificazione ATECO; ma, prevalendo la sostanza sulla forma, non si può non tener conto delle superfici ove realmente avvengono lavorazioni di tipo artigianale produttive di rifiuti speciali non assimilabili.
Per evitare, dunque, possibili contestazioni e contenziosi con le amministrazioni comunali, l’indicazione è che le imprese attraverso le strutture Confesercenti condividano con i Comuni le linee emerse dalla Risoluzione.
A rafforzare l’impostazione ministeriale, la Confesercenti nazionale ha rivolto un ulteriore quesito al MEF, per comprendere quali siano le modalità attraverso le quali il principio di non assoggettabilità alla TARI delle superfici produttive di rifiuti speciali possa essere applicato.
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