Elena Fontana: “Le priorità per la crescita dell’imprenditoria sono una tassazione più equa e differenziata per le piccole attività e meno burocrazia”

fontana_elena2Elena Fontana, 60 anni, imprenditrice di Treviglio (Bergamo) nel settore di servizi alle imprese e internazionalizzazione.
Fontana nell’ambito della rappresentanza delle imprese è Vicepresidente Confesercenti Bergamo e board member del Consiglio di Presidenza Confesercenti Regione Lombardia.

Donna, mamma, imprenditrice di successo. Com’è iniziata la sua attività di imprenditrice?
E’ iniziata come una sfida e sicuramente ha suscitato lo sconcerto di qualcuno, in quanto – ed ero, allora, una ragazza poco meno che trentenne – rinunciavo ad un impiego prestigioso, sicuro, comodo, con tutte le garanzie del posto fisso in un’importante impresa internazionale. Ma è nella mia indole pensare sempre in avanti, ho sempre desiderato poter lavorare in un modo diverso, più libero, senza le costrizioni di orario o di gerarchia che comunque un’azienda importante presuppone. Ho iniziato proprio così, buttando all’aria la sicurezza e un ottimo stipendio per cominciare dal nulla a presentarmi alle aziende del territorio offrendo la mia professionalità, dopo oltre un decennio trascorso in un ambiente di grande vivacità e opportunità, ma che ormai percepivo che stava chiudendo i suoi spazi rispetto alle mie ambizioni. Durante il primo anno di peregrinazioni da una ditta all’altra, ho incontrato casualmente un conoscente che aveva bisogno di un’interprete in inglese per una trattativa importante con un’azienda tedesco-svedese nel settore dell’industria dell’acciaio. Ho fatto sicuramente una buona impressione e da qui sono nati tantissimi contatti e ho iniziato a lavorare in un settore difficile e maschile come quello dell’industria pesante, poi sono venute tutte le altre collaborazioni anche in settori piacevoli come la comunicazione, l’editoria, l’arte e tanto altro. Quanto ad essere un imprenditrice di successo occorre sempre chiedersi quale obiettivo di successo si persegue: prestigio, potere, economico, crescita e realizzazione personale. Ecco, forse per me è quest’ultimo.

Sempre più spesso si parla di imprenditoria femminile. Quali consigli darebbe alle donne che vorrebbero intraprendere questa esperienza?
E’ nel mio carattere rischiare, mettermi in gioco, e fare scelte che, se anche non sono scontate, mi consentono di scommettere sulla mia capacità di adattarmi a situazione nuove e più stimolanti o addirittura di provocare dei cambiamenti. Come dicevo, la mia decisione di avviare un’attività in proprio alla fine ha pagato, magari non tanto in termini economici quanto di soddisfazione e crescita personale. Alle donne che scelgono di intraprendere questa strada consiglio innanzitutto di essere fortemente determinate, avere ben chiare le proprie capacità professionali e le proprie doti personali e individuare degli obiettivi. Forse non sembra ma non sempre è così facile avere un quadro chiaro di chi si è e dove si vuole arrivare. Dunque, chiarito questo, occorre mettere in campo nervi saldi, grande flessibilità e una capacità di adattamento rapido alle situazioni. I vantaggi verranno – magari non subito -, ci sarà modo di gestire meglio il proprio tempo, conoscere persone, paesi e situazioni sempre nuove, un’apertura mentale straordinaria. Questi i pro. E  i contro, mi chiederete? Beh! Non pensateci troppo, affrontateli man mano si presentano.

Come riesce a conciliare vita privata e vita lavorativa?
Ecco, appunto di questo parlavo. Non sempre è facile, spesso occorre fare delle scelte e talvolta si è costretti a sacrificare un po’ l’una o l’altra. Noi donne abbiamo un senso di responsabilità molto sviluppato che ci impedisce di dedicare tutte le nostre energie al lavoro, se prima non siamo certe di aver provveduto a tutte le necessità della famiglia e del privato in senso generale. La giornata sembra non finire mai. E’ così per tutte le donne lavoratrici, e io non faccio eccezione. Eppure non sono una superdonna.

Quali pensano siano i principali ostacoli per la crescita dell’imprenditoria femminile?
Non conosco in dettaglio la situazione attuale delle politiche familiari rivolte alle donne che lavorano. Mia figlia è ormai trentenne e quindi autonoma, ricordo che sia quando ero alle dipendenze dell’azienda, sia poi da imprenditrice, non potevo contare che sui miei genitori. Mi auguro che oggi la situazione sia un po’ cambiata, tuttavia da quello che percepisco quanto fatto non è sufficiente. La risorsa – per chi è fortunato – sono i nonni oppure qualche aiuto esterno. Viaggiando in altri paesi mi confronto spesso con situazioni dichiaratamente più favorevoli alla famiglia in generale, madre o padre, ovviamente capirà che sto parlando di paesi come Svezia, Danimarca, Germania. Oltre a questo aspetto peculiare direi che sono gli incentivi a sostegno dell’imprenditoria in generale, non solo femminile, a mancare. Incontro  ragazze e ragazzi pieni di entusiasmo e di idee invitati a lasciare l’Italia piuttosto che aiutati a sviluppare i loro progetti qui, a casa loro, dove hanno studiato. Lo dice una persona che viaggia in giro per il mondo da quando aveva 14 anni. Dobbiamo smantellare e vincere – ma sul serio – la farraginosa burocrazia che attanaglia le nostre attività e ottenere una tassazione più equa e differenziata per le piccole attività. Sono queste le priorità e il mandato per il futuro: semplificare e sgravare.

A vent’anni della Dichiarazione di Pechino (1995) ancora oggi uno degli argomenti più discussi è quello del cosiddetto gender gap, cosa bisognerebbe fare per raggiungere la parità di genere?
Anche se in tutta sincerità, personalmente non ho mai avvertito particolarmente la difficoltà legata al gender, la domanda è più che legittima e francamente mi mette in difficoltà. Ovviamente non ho la risposta, a mio avviso ce ne sarebbero molte, quello che è certo è che la questione è tuttora aperta e c’è ancora molto da fare.
Non bastano posizioni più o meno ideologizzate che sostengano che le donne abbiano una marcia in più, la condizione femminile è ancora penalizzata. A Pechino si è fatta una dichiarazione di intenti, ma per avviare un reale processo di cambiamento ci vuole ben altro. Tant’è che dopo Pechino, ci sono state le altre conferenze successive e in tutte si è di nuovo parlato aggiungendo intenti ad intenti.
Il Papa Francesco nelle scorse settimane ha sollevato il problema della disparità di trattamento nel mondo del lavoro tra uomini e donne. E’ uno dei tanti aspetti cui non si è ancora posta una soluzione. Nelle istituzioni siamo costretti ad accettare le quote rosa per poter entrare sommessamente nei centri di potere e in modo ancora marginale. Come possiamo poi sentirci tranquille quando – come denunciato recentemente da Amnesty International – in un paese non troppo lontano, un governo religioso, assolutamente maschile, ha deciso che entro il 2050 la sua popolazione dovrà raddoppiare, costringendo le donne a trasformarsi solo in  ‘fattrici’, come fossero un impianto industriale per la produzione di figli, promulgando leggi che impediscono alle single di accedere a qualsiasi professione, penalizzando così qualsiasi aspirazione al futuro? Questa è un’aberrazione. Non voglio di proposito parlare di altri delitti contro le donne che avvengono in Europa come in Africa. Capite che ci sono situazioni talmente gravi e complesse da risolvere che pensare di trovare risposte univoche è inimmaginabile. Tuttavia non perdiamoci d’animo e soprattutto non dimentichiamoci di loro.

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