Se fra i giovani compresi tra i 15 e i 24 anni, la proporzione di lavoratori inoccupata e’ cresciuta di 4,3 punti percentuali nell’area Ocse tra l’ultimo trimestre del 2007 e l’ultimo trimestre del 2012, nello stesso periodo quest’aumento e’ stato anche piu’ veloce in Italia (6,1 punti percentuali). Lo sottolinea l’Ocse nel rapporto ‘Employment Outlook 2013′ definendo
“preoccupante” questa tendenza che “e’ essenzialmente attribuibile all’aumento dei giovani che non studiano e non lavorano (i cosiddetti NEET: Not in Employment or in Education and Training)”.
In Italia la proporzione di giovani in questa categoria e’ cresciuta d i 5,1 punti percentuali e ha raggiunto il 21,4% alla fine
del 2012, la terza piu’ grande percentuale nell’Ocse dopo Grecia e Turchia. L’organizzazione evidenzia come “il contrasto con l’esperienza di molti altri paesi Ocse e’ impressionante: infatti, negli altri paesi, molti giovani hanno risposto alle prospettive
occupazionali scoraggianti ritardando l’ingresso nel mercato del lavoro e approfondendo gli studi” mentre per i giovani NEET italiani “c’e’ un rischio crescente di conseguenze di lungo termine sulle loro prospettive occupazionali e di guadagno”.
Inoltre, aggiunge l’Ocse, questi giovani ‘scoraggiati’ “perdono competitivita’ rispetto alle loro controparti in altri paesi che hanno
sostituito all’esperienza di lavoro una buona istruzione e che usciranno verosimilmente dalla crisi meglio equipaggiati per fronteggiare le sfide tecnologiche del futuro”.
L’Ocse ‘assolve’ la riforma Fornero. Pur rilevando un netto peggioramento delle performance occupazionali dell’Italia rispetto al resto dell’Ue negli ultimi mesi, nel rapporto annuale sull’occupazione l’ente parigino afferma che “la riforma del mercato del lavoro del 2012 aumenterà verosimilmente a creazione di posti stabili nel medio termine”. Nello stesso studio l’ente parigino rileva come la performance occupazionale italiana sia peggiorata rispetto ad altri paesi Ue: “mentre un anno fa il tasso di disoccupazione era al livello della media europea, oggi ne è più elevato di più di un punto percentuale”.
Tuttavia “ci si può aspettare che, avendo limitato i casi di licenziamento senza giustificato motivo in cui il reintegro nel posto di lavoro può essere ordinato dal giudice e reso le procedure di soluzione dei conflitti più veloci e previsibili, la riforma (Fornero) dia un impulso alla crescita della produttività – dice l’Ocse nella scheda sulla Penisola – e alla creazione di lavoro nel prossimo futuro”.
Tra l’altro, ciononostante secondo l’Ocse “l’Italia rimane uno dei paesi Ocse con la legislazione più restrittiva sui licenziamenti, in particolare per quello che riguarda la compensazione in assenza di reintegro e la definizione restrittiva di licenziamento ingiustificato che domina nella giurisprudenza”.