Il fenomeno “Home restaurant”, dal punto di vista giuridico, è attualmente privo di una propria disciplina, e ciò comporta seri problemi di ordine concorrenziale, sanitario e fiscale. Pertanto è necessario, a nostro avviso, che il legislatore intervenga, fissando i limiti oltre i quali un fenomeno di costume diventa attività d’impresa ed, in tal caso, prevedendo le regole che mettano sul piano di parità operatori professionali e soggetti che vogliono ritagliarsi un ruolo nuovo nel panorama della ristorazione.
E’ quanto affermato da Fiepet, l’associazione di categoria che riunisce gli esercenti pubblici e turistici Confesercenti, in audizione presso la Commissione X – Attività produttive, commercio e turismo della Camera dei Deputati. cui ha preso parte una delegazione formata dal Presidente di Fiepet Esmeralda Giampaoli, il coordinatore nazionale di Fiepet Tullio Galli, il Responsabile relazioni istituzionali Confesercenti Giuseppe Fortunato.
Nel 2014 – spiega Fiepet – l’universo degli Home restaurant in Italia ha generato introiti pari a 7,2 milioni di euro e sono risultati attivi più di 7mila cuochi “social”, ognuno dei quali ha incassato in media 1.002,51 euro, con un trend in sicura crescita. E’ chiaro che tutto ciò comporta un’indebita concorrenza al settore della ristorazione tradizionale. Il rispetto o meno delle regole cui sono sottoposti gli operatori economici è infatti uno degli elementi che più qualificano il funzionamento dell’economia e ne determinano le capacità di sviluppo. E le regole che caratterizzano le attività della ristorazione sono indubbiamente numerose e severe.
E’ chiaro che tutto ciò comporta un’indebita concorrenza al settore della ristorazione tradizionale. Il rispetto o meno delle regole cui sono sottoposti gli operatori economici è infatti uno degli elementi che più qualificano il funzionamento dell’economia e ne determinano le capacità di sviluppo. E le regole che caratterizzano le attività della ristorazione sono indubbiamente numerose e severe. Ma non riguardano l’attività di un Home restaurant, che non conosce limiti all’accesso, non deve formalmente rispettare norme in tema di requisiti professionali, di dotazioni strutturali, né la disciplina in materia di alimenti, non è assoggettata ai controlli degli Ispettorati del lavoro, non versa contributi previdenziali per il lavoro autonomo né per i dipendenti, diffonde musica d’ambiente senza versare diritti ad alcun Ente. E’ chiaro come i mercati e le imprese sottoposte a un eccesso di carico regolatorio, quando un numero non esiguo di operatori riesce a eludere tali regole, finiscano per subire effetti avversi. Le attività di Home Restaurant, se ciò intendono fare, devono farlo garantendo la sicurezza e la salute dei consumatori, competendo lealmente con chi organizza la propria attività secondo precisi dettami normativi, versando all’erario la propria parte di contribuzione, secondo canoni di proporzionalità, come vuole la Costituzione.
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