La relazione del Primo Presidente della Cassazione: il Paese ha sete di giustizia, legalità, efficienza e efficacia della giurisdizione
“Vorrei davvero che la cerimonia per l’apertura dell’anno giudiziario non fosse considerata un semplice rito, solenne nella forma ma ripetitivo e perciò inutile nella sostanza, bensì riuscisse a segnare uno spazio di riflessione e di dialogo e a trasmettere alla comunità nazionale un messaggio di speranza, fiducia e impegno per una più feconda stagione della Giustizia”. Questo l’auspicio espresso dal Primo presidente della Cassazione Giovanni Canzio nella sua relazione – sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2015 – per l’apertura dell’anno giudiziario 2016”.
“Il Paese – ha detto – ha sete di giustizia, legalità, efficienza e efficacia della giurisdizione. Sarebbe auspicabile, pur nella mutevolezza degli aspetti economico-sociali da cui è contraddistinta la modernità, che il Legislatore evitasse d’intervenire sul tessuto normativo con modifiche troppo frequenti, spesso ispirate a logiche emergenziali poco attente ai profili sistematici dell’ordinamento, rendendo così difficile il formarsi di orientamenti giurisprudenziali di lungo periodo e, per ciò stesso, più stabili e affidabili”.
“I più recenti interventi legislativi – ha tenuto a sottolineare – diretti alla riduzione del flusso della domanda nella giustizia civile anche mediante una serie di incentivi per la cosiddetta degiurisdizionalizzazione e la previsione del filtro in appello, si sono rivelati efficaci. La conseguenza positiva è stata quella della progressiva diminuzione delle iscrizioni di nuove cause accompagnato da un tasso di definizioni comunque superiore alle prime e a una consistente diminuzione delle pendenze negli uffici di merito.
“La Cassazione versa in uno stato di profonda e visibile crisi di funzionamento e di identità: i dati di fine anno segnano l’insuccesso di una strategia mirata alla deflazione delle pendenze e del pesante arretrato mediante il mero aumento della produttività, fino al limite dell’esaurimento delle energie dei magistrati e del personale. Ormai è a rischio la qualità della giurisdizione di legittimità, sommersa da una mole di ricorsi (105mila le cause civili pendenti da oltre tre anni, quelle tributarie sono il 32,7% quelle di lavoro il 14,3%) che ha proporzioni mostruose rispetto a quelle, molto esigue, di altre Corti”.
“Se continua così – avverte il Primo presidente – la Cassazione scivolerà sempre più nel modesto ruolo di Corte di revisione o di terza istanza, abdicando a quello di Corte del precedente. Si impone l’urgente e coraggioso avvio di un percorso di autoriforma, mediante l’adozione, anche sperimentale, di misure organizzative”. Il presidente ha poi fatto il punto sulla prescrizione: “la prescrizione, così come è stata modificata, irragionevolmente continua a proiettare la sua efficacia pure nel corso del processo, dopo l’avvenuto esercizio dell’azione penale o addirittura dopo che è stata pronunciata la sentenza di condanna di primo grado, mentre sarebbe logico, almeno in questo caso, che il Legislatore ne prevedesse il depotenziamento. Le risposte dei giudici alle pressanti domande di legalità debbono essere sì pronte ed efficaci, ma anche eque e razionali – ha concluso. Qualità queste che pretendono capacità di ascolto e di attenzione, dialogo con l’Avvocatura e la comunità dei giuristi, tempi adeguati di studio e riflessione, scelte serie e responsabili”.