Una delegazione di R.ETE. Imprese Italia ha partecipato all’Audizione parlamentare nell’ambito dell’esame della Proposta di direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso, 2006/66/CE relativa a pile accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (COM (2015) 593 final), della Proposta di direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio Europeo che modifica la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti (COM (2015) 594 final), della Proposta di direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2008/98 relativa ai rifiuti (COM (2015) 595 final e allegato), della Proposta di direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (COM (2015) 596 final) e della Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni – l’anello mancante – Piano d’azione dell’Unione Europea per l’economia circolare (COM (2015) 614 final), che si è tenuta il 2 febbraio alle ore 14.00, presso l’Aula della VIII^ Commissione.
La delegazione di R.ETE Imprese Italia guidata dal Dott. Gaetano Pergamo, Responsabile Area Ambiente Confesercenti, era composta dall’Avv.Giuseppe Dell’Aquila, Responsabile Area Legislativa Confesercenti; dal Dott. Giuseppe Fortunato, Responsabile Relazioni Istituzionali Confesercenti; dal Dott. Danilo Barduzzi, Responsabile Area Economica Casartigiani; dalla Dott.ssa Barbara Gatto, Coordinatrice Dipartimento Politiche Ambientali CNA; dal Dott. Giogio Russomanno, Responsabile Settore Ambiente e Sicurezza – Direzione Relazioni Sindacali Confartigianato Imprese; dalla Dott.ssa Grazia Nuzzi, Settore Ambiente ed Utilities Confcommercio – Imprese per l’Italia.
Sullo svolgimento dell’Audizione rimettiamo in allegato il documento sull’economia circolare consegnato alla Commissione.
Nel documento RII ha sostenuto che “la nuova spinta che arriva dall’Unione Europea con il pacchetto sull’economia circolare rappresenti un’occasione importantissima per riportare questo tema al centro del dibattito, non solo ambientale, ma anche economico. L’economia circolare non è solo un’opportunità, ma un percorso ineludibile, che l’Europa può sostenere introducendo principi e ponendosi obiettivi ambiziosi e che l’Italia deve saper perseguire concretamente”.
Nel documento, RII ha precisato che “l’economia circolare non riguarda esclusivamente la gestione dei rifiuti e gli obiettivi di riciclo (che comunque ne rappresentano una parte importante), ma è un principio che deve trovare sviluppo in un’ottica di sistema, che coinvolga complessivamente tutta l’economia. Su questo punto RII ha sottolineato l’esigenza di una profonda rivisitazione del modello economico e dei consumi oltre che culturale perseguito dal nostro sistema fortemente basato su modelli consumistici insostenibili. Recuperare una dimensione di consapevolezza dei consumi, di vicinato, di circolarità della produzione, del riutilizzo e della riparazione, sono obiettivi primari per ridare vitalità alle nostre città. Sui rifiuti RII ha specificato che “il quadro legislativo europeo e nazionale è evoluto significativamente negli ultimi anni, con la definizione di una normativa sempre più compiuta, guidata da obiettivi di tutela dell’ambiente e della salute umana (…) che il principio fondamentale inerente la tutela dell’ambiente, che ispira tutta la normativa in materia, trae forza e si diffonde solo nella misura e nel momento in cui riesce a determinare un impatto positivo sull’economia dell’UE”. A fronte di ciò RII ha rilevato che “Finora, nonostante i principi e gli obiettivi precedentemente fissati, i risultati concreti non sono stati pienamente soddisfacenti:”.
R.E TE. Imprese Italia, pertanto, ritiene che la definizione di un nuovo pacchetto comunitario debba rilanciare e rafforzare i principi generali e gli obiettivi (…) Per questo (…), oltre ad un consistente intervento sulla Direttiva Quadro, si debba intervenire in maniera più puntuale anche sulle altre Direttive”.
In questo senso RII ha proposto “…alcune linee generali di intervento, nonché la “normalizzazione” di alcune eclatanti “storture” attraverso l’introduzione di misure specifiche (…) a) ridurre le distanze tra standard comunitari e standard italiani ;b)eliminare il ricorso al gold plating, di cui si è sovente abusato in Italia; c)eliminare veri e propri “vizi” nazionali, come l’eccessivo carico economico e burocratico, abbinato sovente alle norme ed alle procedure ambientali, che rendono queste ultime inefficaci, costose, inapplicabili. (…) 1) si razionalizzino i costi, evitando di far pagare alle imprese, ingiustificatamente, servizi o inesistenti (Es. Sistri) oppure con voci di costo raddoppiate (contributi Conai + TARI) oppure a fronte di attività non pertinenti (es. alcune fattispecie di contributi di riciclaggio Conai o Polieco per prodotti non raccolti né riciclati); 2) si organizzino i sistemi di raccolta, recupero, riciclaggio mediante strutture a filiera perfetta (coinvolgimento nei Consorzi di tutti gli attori della filiera); 3) si incentivi davvero (in primis minimizzando gli ostacoli normativi) la classificazione, il trattamento e la commercializzazione di materiali e sottoprodotti, evitando di dover considerare la maggior parte delle tipologie di materiali di scarto come rifiuti (legno vergine o trattato, scarti alimentari, sfridi metallici); 4) si prevedano programmi e interventi di stimolo alla costituzione di imprese e reti di imprese (nuove, esistenti, start up, ecc.) attive nell’industria del riciclo,(…)
Rispetto alle modifiche alla Direttiva Quadro, RII ha evidenziato che è possibile porre nuovi e più ambiziosi obiettivi solo se si riesce a rafforzare le politiche e gli strumenti per raggiungerli sottolineando che il “velleitarismo ambientale” non giova a nessuno ribadendo la necessità di rispettare la gerarchia della gestione dei rifiuti e i principi di prevenzione, riutilizzo, riciclo – elementi fondamentali di un’economia circolare.
E’ pertanto ineludibile un obiettivo di semplificazione, al quale deve essere improntata l’applicazione alle PMI delle norme che comportano adempimenti in materia ambientale, che debbono essere informate al criterio del vantaggio fiscale a favore delle buone pratiche.
Con riferimento all’articolato, RII ha chiesto che la definizione di rifiuto urbano, sia ulteriormente chiarita. Infatti, pur precisando che i rifiuti provenienti da altre fonti (non domestiche) possono essere considerati rifiuti urbani laddove comparabili ai rifiuti domestici per natura, composizione e quantità, si lascia ancora troppo spazio ad un utilizzo improprio del principio di assimilazione, di cui in Italia i Comuni hanno abusato in questi anni. Occorre evitare che si continui con la pratica scorretta di includere nella privativa degli enti locali anche quei quantitativi di rifiuti “speciali” che oggi sono gestiti, con risultati soddisfacenti, dalle imprese private che operano su libero mercato. Tale pratica, infatti, non è coerente con i principi comunitari, in base ai quali i rifiuti prodotti dalle attività economiche devono essere gestiti secondo una gerarchia che dà priorità al riutilizzo, riciclo, recupero e solo in ultima ipotesi prevede il conferimento in discarica.
Sulla questione del contrasto agli sprechi alimentari, parte integrante dell’ economia circolare, RII ha ribadito che lo spreco ha conseguenze non solo etiche, economiche, sociali e nutrizionali, ma anche sanitarie e ambientali, dal momento che le enormi quantità di cibo non consumato contribuiscono fortemente ai cambiamenti climatici e al rischio dell’integrità ambientale. E’ evidente per RII che occorre porre attenzione agli scenari futuri che i consumi pongono alle moderne società. Fra le cause di questo spreco di massa ci sono, soprattutto se non esclusivamente nei Paesi sviluppati, modelli culturali e di consumo, politiche economiche pubbliche e private, oltre che le cattive abitudini di milioni di persone, che non conservano i prodotti in modo adeguato. Sulla questione degli sprechi, però, sta maturando una nuova sensibilità dell’opinione pubblica. Si ritiene, pertanto, come impostazione strutturale di lungo periodo, per contrastare il fenomeno, che a livello didattico e culturale debba prevedersi l’adozione di corsi di educazione alimentare che stabiliscano di integrare la lotta contro gli sprechi alimentari nel percorso scolastico, con conoscenze utili in materia nutrizionale e di valorizzazione delle stagionalità e dei prodotti dei territori, oltre che dei processi produttivi.
Infine RII ha insistito sulla valenza del vantaggio fiscale per le PMI che conferiscono prodotti alimentari ad enti benefici, a cominciare dalla corretta applicazione del regime IVA sui prodotti ceduti gratuitamente che costituiscono operazioni esenti IVA. Queste operazioni vanno incentivate e facilitate. Stesso discorso deve essere svolto sulla tariffa rifiuti, con l’introduzione di un sistema premiale omogeneo a livello nazionale, applicabile a livello locale da tutti i Comuni, in grado di incentivare la donazione e quindi la mancata produzione di rifiuti attraverso la riduzione della tariffa sui rifiuti e, sul fronte della disciplina delle imposte, senza che il valore normale degli stessi prodotti ceduti venga considerato tra i ricavi dell’impresa stessa.
Quanto agli shoppers di plastica, RII ha sostenuto che ad oggi c’è comunque una nuova direttiva, la 720/2015, che dovrà essere recepita nell’ordinamento nazionale, che si era spinto notevolmente in avanti rispetto agli altri Paesi europei, per quanto riguarda una maggiore rigidità nel contrasto alla distribuzione di sacchetti di plastica. Si auspica un rapida armonizzazione ai criteri della Direttiva europea evitando, in un mercato unico per lo scambio delle merci, norme che possano nuocere da una parte all’ambiente e dall’altra alle imprese.
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