Il testo integrale del documento depositato all’XI Commissione della Camera dei Deputati: Discussione congiunta delle risoluzioni
7-00449 Cominardi e 7-00808 Tinagli concernenti iniziative in materia di occupazione in relazione agli sviluppi dell’innovazione tecnologica
Il rapporto tra innovazione tecnologica e occupazione è da tempo al centro delle discussioni e dei modelli elaborati dagli economisti. La domanda a cui si cerca di rispondere è quali siano gli effetti dell’innovazione tecnologica sui livelli di occupazione.
La difficoltà fondamentale ad affrontare tale tema sta nella impossibilità di effettuare un esame “astratto” degli effetti delle innovazioni del sistema produttivo sull’insieme dell’economia e quindi anche dei livelli occupazionali. Nell’ultimo decennio abbiamo assistito ad una forte riduzione di posti di lavoro: ma quanto di questo è da imputarsi a “movimenti secolari” dell’economia nel suo sentiero di innovazione e quanto, anche, alle vicende di una crisi economica e finanziaria molto evidente?
Questa difficoltà è evidenziata sia dalla Risoluzione Tinagli che dalla Risoluzione Cominardi che esplicitano entrambe la necessità di attivare un Osservatorio su l’incidenza dell’innovazione tecnologica su l’occupazione. Tale proposta non ci trova contrari anzi riteniamo che ogni approfondimento sul mercato del lavoro sia utile per valutazioni che tengano conto di reali elementi di contesto.
Il rapporto tra innovazione e occupazione mostra, inoltre, la complessità di un tema che richiede una varietà di approcci per analizzare gli effetti diretti e indiretti del cambiamento tecnologico sulla quantità e qualità dell’occupazione.
Nelle due Risoluzioni si fa principalmente riferimento alla “distruzione” o riduzione di posti di lavoro dipendenti. Questo approccio sottovaluta largamente il fatto che le stesse variabili e dinamiche discusse sinora potrebbero aver avuto un forte impatto negativo anche sulle imprese, sugli imprenditori e sui lavoratori indipendenti.
Tra il 2007 e 2013 si registrano 462 mila dipendenti in meno, e ben 684 mila unità di lavoratori indipendenti in meno (il 12%). I dati ufficiali, inoltre, indicano che la riduzione di posti di lavoro indipendenti è proseguita nei successivi due anni.
Fra le trasformazioni più evidenti c’è anche il boom di imprese attive nel commercio via internet. Secondo le nostre stime, nel 2016 saranno quasi 16 mila, il 165,4% in più rispetto al 2009, e raggiungeranno quota 50 mila già nel 2025. Anche questo fenomeno, se da una parte avrà effetti negativi per alcune tipologie di imprese, potrà dall’altra determinare opportunità occupazionali.
Se si vorrà “governare” l’innovazione tecnologica, trasformandola in una opportunità di lavoro dipendente ed indipendente, occorrerà partire dalle imprese incentivando politiche rivolte agli investimenti innovativi al sostegno alle attività di ricerca e sviluppo, progettazione e produzione sperimentale.
Tali politiche di incentivazione dovranno tuttavia essere necessariamente accompagnate anche da politiche del lavoro e della formazione volte a creare le condizioni necessarie per soddisfare i fabbisogni emergenti dal mercato e fornire le nuove competenze richieste dal mutato mercato del lavoro.
R.E TE. Imprese Italia, pertanto, ritiene che l’istruzione e la formazione siano tra i fattori più importanti in grado di attutire e governare l’effetto dei cambiamenti produttivi e tecnologici, anche alla luce del fatto che il mercato del lavoro non è un mercato omogeneo.
Spesso la disoccupazione è legata all’assenza nel mercato del lavoro di lavoratori che possiedano determinate qualifiche e, in particolare, le conoscenze tecniche specifiche richieste dall’innovazione tecnologica e dalle esigenze delle imprese.
E’ fondamentale, pertanto, puntare su un sistema scolastico e universitario che, in primo luogo, consenta di comprendere tempestivamente quali siano le nuove competenze richieste dal mercato. Parallelamente è fondamentale sviluppare programmi di orientamento finalizzati a indirizzare i giovani verso quei percorsi formativi che sviluppano le suddette conoscenze e competenze in linea con le richieste del mercato.
Per R.E TE. Imprese Italia l’istruzione rappresenta una risposta concreta alla domanda di nuove competenze espresse dai mutati contesti sociali, economici e produttivi. Infatti, tutti gli studi internazionali rilevano che gli investimenti sui sistemi di istruzione e formazione sono altamente remunerativi per i Paesi che li effettuano, sia dal punto di vista sociale che dal punto di vista dello sviluppo economico. In quest’ottica si deve riconoscere che esiste ancora un gap tra sistemi educativi e formativi ed esigenze delle imprese. Pensiamo a tutte le imprese che operano nell’ambito del terziario avanzato e dell’artigianato nelle quali si richiedono (i) professionalità qualificate e capacità di adattarsi ai continui mutamenti ed innovazioni, (ii) servizi per l’innovazione (tecnologica e di processo) e (iii) molteplici servizi per le imprese.
Analoghe considerazioni valgono anche per le professioni del turismo, che vedono sempre maggiori opportunità per le nuove figure professionali legate a servizi innovativi, anche attraverso i canali informatici. Non dimentichiamo che la presenza di risorse umane qualificate è una condizione necessaria per l’adozione e lo sfruttamento delle tecnologie più innovative, quali ad esempio quelle ICT, o il semplice utilizzo di macchinari più sofisticati. In tale ottica, appare particolarmente rilevante la costruzione di un sistema duale, avviato con la l. n. 107/2015 e col d.lgs. n. 81/2015, che si basa, da un lato, sul rafforzamento dell’alternanza scuola–lavoro e, dall’altro, sull’apprendistato di primo e terzo livello.
I citati provvedimenti hanno l’obiettivo di superare la separazione tra il mondo produttivo e il sistema scolastico, attraverso l’acquisizione di competenze maturate “on the job”, di favorire l’acquisizione delle competenze richieste anche dalle nuove tecnologie e di formare le professionalità necessarie per l’innovazione dei prodotti e dei processi produttivi.
L’esigenza di ridurre lo skills mismatch da parte degli studenti che si inseriscono nel mercato del lavoro, utile anche a favorire processi di ricambio generazionale, deve poi accompagnarsi alla necessità di evitare l’obsolescenza tecnologica dei lavoratori già inseriti nei contesti produttivi.
Pertanto, anche la formazione continua sviluppata nelle imprese per il proprio personale, oggi possibile quasi esclusivamente grazie ai Fondi Interprofessionali, è una leva fondamentale per l’aggiornamento professionale delle risorse umane verso l’innovazione tecnologica.
Il ruolo della formazione continua è fondamentale per la riqualificazione dei lavoratori, sia per far fronte alle richieste di nuove professionalità legate all’innovazione tecnologica, sia per la riconversione della stessa impresa.
La riqualificazione professionale di lavoratori adulti (dipendenti ed indipendenti), tenuto conto dell’evoluzione tecnologica e degli orientamenti del mercato del lavoro, deve essere favorita con ogni mezzo, anche mediante forme di cooperazione tra pubblico e privato.
Ferme restando le considerazioni sul nesso tra istruzione e occupazione, non riteniamo, invece, opportuni, interventi legislativi sul tema dell’orario di lavoro. In primo luogo perché, come asserito anche nella Risoluzione Tinagli, le riduzioni di orario imposte per via normativa in alcuni casi hanno persino determinato un aumento della disoccupazione ed un incremento del “secondo lavoro” e del lavoro nero. In secondo luogo, perché la grande maggioranza del lavoro dipendente misura la produttività del lavoro anche sul rapporto tra ore lavorate e ore retribuite, rapporto che ovviamente incide anche sulla variabile non indipendente del costo del lavoro. Tema poco affrontato, sebbene certamente connesso all’incremento dell’offerta di lavoro.
In particolare, nelle imprese che svolgono attività di servizio al cliente quali quelle commerciali, ricettive, turistiche, di pubblici esercizi, del servizio di trasporto nonché quelle dell’artigianato che vendono i loro beni e servizi al dettaglio o svolgono attività complementari a servizi offerti da altre imprese, la riduzione di orario sarebbe connessa ad una riduzione del servizio e ad un correlato incremento del costo del lavoro per l’impresa, che non gioverebbe alla stessa e quindi neanche all’aumento dell’occupazione.
Anche per questa ragione nel nostro sistema di relazioni sindacali da sempre l’orario di lavoro è regolato dalla contrattazione collettiva, che nei diversi settori ne declina le peculiarità e le caratteristiche, nel rispetto delle previsioni legislative.
Il complesso rapporto tra innovazione e occupazione ha bisogno quindi di politiche adeguate per far sì che le nuove tecnologie portino benefici sia in termini di sviluppo che in termini di innovazione, facendo si che anche le risorse umane siano preparate, sia nella fase di ingresso nel mercato del lavoro, che nella fase di presenza nelle imprese, ad accompagnare i nuovi processi di innovazione.