Al rallentamento dei consumi – dice – hanno contribuito gli attentati terroristici.
“L’Italia rischia di incappare in un significativo scostamento dai requisiti europei sui conti pubblici anche qualora si decidesse in primavera di accordarle maggiore flessibilità al Paese“.
Lo afferma la Bce, citando nel suo bollettino economico le previsioni della Commissione europea. E la regola sul debito verrebbe sforata sul 2015 e 2016.
Le previsioni di inverno della Commissione indicano per l’Italia una differenza di 0,8 punti percentuali tra il Pil per il 2016 e il percorso di aggiustamento richiesto. Rispetto alle previsioni dello scorso autunno, il divario si è ampliato a causa delle spese aggiuntive inserite nella Legge di Stabilità per il 2016, che hanno aumentato l’obiettivo di disavanzo di 0,2 punti percentuali al 2,4 per cento del Pil.
“Secondo le informazioni attualmente disponibili – dice la Banca centrale europea – quest’anno vi sarebbe il rischio di un significativo scostamento dai requisiti del braccio preventivo, anche qualora si decidesse in primavera di accordare maggiore flessibilità al paese. Inoltre, l’Italia non rispetterebbe la regola del debito né nel 2015 né nel 2016″.
La Bce nel suo Bollettino scrive anche che: “alla base del rallentamento dei consumi privati, registrato alla fine del 2015, ha contribuito l’impatto negativo anche degli attentati terroristici di novembre a Parigi. I dati di inizio anno sembrano indicare che il rallentamento della crescita dei consumi privati dell’ultimo trimestre del 2015 è stato temporaneo”.
“Tassi di inflazione molto bassi o persino negativi – prosegue – saranno inevitabili nei prossimi mesi, in conseguenza degli andamenti dei prezzi del greggio. E’ cruciale evitare effetti di secondo livello assicurando il ritorno dell’inflazione su livelli inferiori ma prossimi al 2% senza indebito ritardo”.
La Banca centrale europea chiede “ulteriori sforzi di risanamento ai Paesi dell’area euro per condurre stabilmente il rapporto debito pubblico-Pil su un percorso discendente. Un richiamo rivolto innanzitutto ai Paesi con alti livelli di indebitamento: sono particolarmente vulnerabili a un rialzo dell’instabilità nei mercati finanziari, per il nesso ancora forte tra conti pubblici e settore finanziario. Inoltre – dice la Bce nel suo bollettino economico – la loro capacità di adattamento a possibili shock avversi è piuttosto limitata”.
Nel recente Fiscal Sustainability Report 2015 (il rapporto sulla sostenibilità delle finanze pubbliche del 2015) la Commissione europea ha rilevato che “otto paesi dell’area euro, ovvero Belgio, Irlanda, Spagna, Francia, Italia, Portogallo, Slovenia e Finlandia sono esposti a rischi elevati per la sostenibilità del bilancio pubblico nel medio periodo, dovuti soprattutto agli alti livelli del debito e/o a cospicue passività implicite””.
“Il tasso di disoccupazione nell’area dell’euro – spiega la Bce – ha continuato a ridursi ma rimane elevato. A gennaio 2016 il tasso di disoccupazione si è collocato al 10,3 per cento, il livello minimo dalla metà del 2011. L’occupazione è costantemente aumentata dal 2013 e l’occupazione complessiva nell’area dell’euro è salita di oltre due milioni di unità nel terzo trimestre del 2015. Tuttavia – osserva – dalla crisi si è osservata una divergenza tra il numero di occupati e le ore lavorate totali, principalmente per effetto di una flessione ciclica delle ore lavorative degli occupati a tempo pieno e di un incremento nell’utilizzo di occupati part-time,
principalmente nel settore dei servizi”.
“Misure più ampie – sottolinea – di eccesso di offerta di lavoro, che tengono conto anche di segmenti della popolazione che si trovano in condizioni di occupazione a tempo parziale di natura involontaria o che si sono ritirati dal mercato del lavoro, rimangono elevate. Circa sette milioni di persone (5 per cento delle forze di lavoro) che lavorano attualmente a tempo parziale involontario per mancanza di un’occupazione a tempo pieno e con oltre sei milioni di lavoratori scoraggiati (coloro che hanno rinunciato a cercare un’occupazione e si sono ritirati dal mercato del lavoro), il mercato del lavoro nell’area dell’euro presenta probabilmente un eccesso di offerta di lavoro superiore a quanto indicato dal solo tasso di disoccupazione”.
Infine la Banca Centrale fa il punto sulla moneta: “il tasso di cambio effettivo dell’euro è cresciuto in misura marcata tra i primi di dicembre 2015 e la metà di febbraio 2016, a fronte dell’aumento di incertezza a livello globale. In termini bilaterali, l’euro si è apprezzato del 3,4% sul dollaro nello stesso periodo e del 9,3% sulla sterlina, su cui pesa soprattutto l’incognita Brexit. La moneta unica si è notevolmente rafforzata anche sul rublo russo, sul renminbi cinese e sulle divise delle economie emergenti e dei paesi esportatori di materie prime. Mentre la maggiore volatilità e l’attenuarsi della propensione al rischio hanno sostenuto lo yen giapponese, provocando un indebolimento della moneta unica del 5,4% nei confronti della valuta nipponica”.