L’allarme degli operatori: “Vendite in crollo anche nel 2013, e con l’aumento Iva dal 4% al 22% il settore rischia il disastro”.
La recessione, le politiche di inasprimento fiscale e la crisi dell’informazione tradizionale hanno colpito duramente la rete di vendita della carta stampata: dal 2005 ad oggi sono spariti circa 12mila negozi ed edicole di giornali e periodici. E il futuro non promette alcuna ripresa: l’ipotesi di un aumento dell’IVA per i prodotti editoriali, dal 4% al 22%, si tradurrebbe in un nuovo colpo ai consumi di quotidiani e riviste, che tra il 2011 e il 2012 hanno già visto un calo dei ricavi da vendita rispettivamente del 9,5% e del 6,6%. A lanciare l’allarme è Fenagi, l’associazione di categoria Confesercenti che riunisce gli esercenti dell’informazione, riunita oggi a Roma per l’assemblea elettiva. “Il calo di vendite è un fenomeno cui assistiamo da diversi anni, ma che ha subito un’improvvisa accelerazione a causa della recessione” spiega il presidente di Fenagi Giovanni Lorenzetti. “Se l’aumento IVA si dovesse tradurre in realtà, la rete di vendita sparirà prima della carta stampata. Mettendo a rischio un servizio di vicinato essenziale soprattutto in un Paese come l’Italia, dove il digital divide è ancora ampio, soprattutto per alcune fasce d’età. Non è un caso che per la carta stampata l’utenza giovanile dei quotidiani sia pari al 22,9%, mentre per gli ultrasessantacinquenni è pari al 52,3%. Ma a rischio è anche il pluralismo dell’informazione garantito da giornali e riviste tradizionali, che offrono un ‘secondo tempo’ di approfondimento di qualità sui temi più importanti, ancora non eguagliato dall’informazione di rapido consumo disponibile online”.
La crisi della rete di vendita: soffrono soprattutto le edicole e i negozi tradizionali
Secondo le elaborazioni Fenagi-Confesercenti, nel 2005 si contavano sul territorio circa 42mila punti vendita, di cui ì il 71% rappresentato da chioschi e negozi promiscui (la rete tradizionale prima della liberalizzazione del 2001), mentre la restante quota era ascrivibile alla ‘nuova rete’, composta da Bar, tabaccherie, supermercati, distributori carburanti e altri. Nel 2013, il numero complessivo di punti vendita è calato a 30mila unità. A soffrire è stato soprattutto l’universo delle edicole e dei negozi promiscui appartenenti alla rete tradizionale, che hanno visto un saldo negativo di 13mila imprese, vedendo calare il loro peso al 55% circa del totale. Un crollo di certo non compensato dalla piccolissima crescita (intorno alle 1300 unità) della nuova rete.
Tab. 1 – la crisi della rete di vendita dell’informazione tradizionale. Confronto 2005-2013
2005 |
2013 |
Var. 2005/2013 |
|
Rete tradizionale |
29.820 |
16.500 |
-13.320 |
Nuova rete |
12.180 |
13.500 |
+1.320 |
Totale rete di vendita |
42.000 |
30.000 |
-12.000 |
Stime Fenagi-Confesercenti
Vendite ancora giù: nel 2013 continua il calo dei ricavi, previsto un miliardo di euro di fatturato in meno da quotidiani e riviste
La crisi della rete è conseguente a quella della carta stampata: nel 2012 i quotidiani hanno registrato ricavi di vendita inferiori del 6,6% rispetto all’anno precedente, mentre per i periodici l’emorragia è stata del 9,5%. E per il 2013 le stime prevedono un calo di altri 420 milioni per i giornali e di 620 milioni di euro per le riviste: sarà il sesto anno consecutivo di contrazione.
Tab. 2 ricavi di vendita da quotidiani e periodici, 2011-2013 (milioni di euro e var.% su anno precedente)
2011 |
2012 |
2013* |
|
Quotidiani |
4.272 |
3.900 (-6,6%) |
3.480 (-10,8%) |
Periodici |
3.118 |
2.823 (-9,5%) |
2.203 (-22%) |
Elaborazioni Fenagi su dati Audipres e Fieg. *Stima
L’appello degli operatori: “Fermare subito l’aumento IVA sui prodotti editoriali e confermare gli incentivi per l’informatizzazione”
“L’effetto combinato della crisi e delle nuove leggi emanate dopo la direttiva Bolkestain ha fatto chiudere soprattutto le vecchie edicole di strada ed aumentare i piccoli supermercati”, spiega Lorenzetti. “All’eccesso di liberalizzazioni, che spaventa gli operatori e li spinge alla cessazione dell’attività, fa da contrappunto una filiera che ha ancora troppi vincoli e scarica il rischio di mercato sulla rete di vendita. Senza considerare la pressione esercitata da parte di Stato e Enti locali, sotto la forma di tariffe, imposte e tasse, che riduce all’osso i margini degli operatori. Dobbiamo pensare a un’exit strategy che semplifichi l’uscita dal mercato delle imprese, certo; ma non dobbiamo cancellare la rete di vendita tradizionale prima del tempo. Per questo chiediamo a Governo e Parlamento un intervento presso la Conferenza Permanente Stato-Regioni, con l’obiettivo di uniformare le legislazioni regionali garantendo l’omogeneità delle norme sull’intero territorio nazionale, evitando disposizioni che favoriscano una liberalizzazione selvaggia della rete; ma chiediamo anche di confermare i fondi previsti per l’informatizzazione della rete di vendita (10 milioni di euro), da rendere disponibili nell’esercizio finanziario 2013-2014 e che sembrano essere spariti dall’agenda. Come Fenagi, puntiamo sull’informatizzazione per qualificare l’operatore, rendere più efficiente il rapporto con la distribuzione, nazionale e locale, e rilanciare il ruolo della rete di vendita. Che deve diventare un network di servizi di vicinato, da quelli amministrativi a quelli informatici, partecipando – come punti d’accesso – alla creazione di una rete wifi distribuita, cooperativa e libera, che contribuirebbe in modo sostanziale a ridurre il digital divide italiano; mantenendo per tutti, allo stesso tempo, la possibilità di accedere al mondo dell’informazione tradizionale”.