Dopo tre anni di calma piatta o quasi, l’inflazione torna a salire segnando il dato più alto dal 2013; ma l’accelerazione è dovuta più all’aumento dei prezzi dei beni energetici che ad una ripresa della domanda interna. A scriverlo, in una nota, l’Ufficio Economico Confesercenti.
La causa principale della ripresa dell’inflazione rilevata a gennaio dall’Istat è infatti di natura esterna: il superamento della fase di contrazione dei prezzi delle materie prime energetiche è sufficiente, in assenza di un ruolo delle componenti interne, a riportare la variazione dell’inflazione in campo positivo. L’aumento del prezzo degli energetici sui mercati internazionali produce, infatti, effetti trasversali su molti altri settori: trasporti, abitazioni, energetici regolamentati. In realtà l’inflazione di fondo, cioè quella al netto di tutte queste componenti, arretra di un decimale, passando dallo 0,6% registrato a dicembre allo 0,5% di questo mese, segnale di una domanda interna ancora debole. Neanche i saldi di fine stagione, in questo senso, pare stiano riscaldando i consumi.
In questo quadro di perdurante incertezza vanno a pesare anche le incognite legate alla richiesta di correzione dei conti pubblici da parte della Ue. Il Paese, in queste condizioni, non è in grado di sopportare ulteriori sottrazioni di risorse per la crescita e l’occupazione. Soprattutto se si considera che l’aumento dei prezzi – che comunque rimarrà, per il 2017, entro l’1%, la metà dell’obiettivo fissato dalla Ue – porterà, se non accompagnato da un rafforzamento della crescita economica, alla riduzione del potere d’acquisto degli italiani, ponendo un nuovo ostacolo alla ripresa della spesa delle famiglie.