Con una nota ai Ministri della Salute On. Beatrice Lorenzin, delle Politiche Agricole e Alimentari, On. Maurizio Martina, e dello Sviluppo Economico, Dr. Carlo Calenda, Fiesa e Assofrutterie Confesercenti sono tornate a porre nei giorni scorsi ai vertici istituzionali la questione della perequazione delle condizioni competitive con gli imprenditori agricoli.
Nella nota i due Presidenti, Angelotti e Mariani, affermano a chiare lettere che “le questioni relative ai mercatini agricoli ed alla vendita diretta dei prodotti agricoli, nonché le iniziative del tipo “Campagna amica” e similari, stanno producendo notevoli danni ai nostri settori associati e all’imprenditoria specializzata.
La missiva indirizzata ai Ministeri afferma che “Ad oggi si contano sul territorio nazionale svariate decine di migliaia di farmer’s market, mercatini agricoli ecc… (per un totale pari a circa 60.000 punti vendita, secondo fonti accreditate) con un’offerta che quasi sopravanza quella dei canali distributivi tradizionali. Si tratta pertanto di un fenomeno di notevole proporzione, in grado di influenzare il mercato, ma senza un riscontro positivo in termini di prezzi e di maggior concorrenza, nonostante la propaganda alimentata ‘ad arte ’. Anzi, semmai è vero il contrario, visto il notevole divario di prezzo in più rilevabile nei predetti mercatini agricoli. Occorre considerare poi che in linea di principio l’obiettivo essenziale di tali formule commerciali dovrebbe consistere nel vendere i prodotti del proprio fondo, mentre sui relativi banchi è acquistabile di tutto un pò (dalle banane al mango, od altri frutti esotici) senza che nessuno abbia da obiettare alcunché”.
Le due Associazioni di Confesercenti precisano nella nota che non è “in discussione la legislazione speciale dedicata al sostegno dell’agricoltura e delle attività agricole in quanto tale. Quello che si discute e si contesta sono le agevolazioni che vengono estese in automatico dall’attività di produzione agricola alla commercializzazione dei prodotti stessi. Questo passaggio genera un’evidente disparità di trattamento tra operatori che svolgono la stessa attività di vendita di prodotti ortofrutticoli. Per Fiesa e Assofrutterie i principali punti critici sono l’indeterminatezza normativa, circa la effettiva capacità produttiva di un agricoltore, la confusione ed ingannevolezza per il consumatore, che crede di acquistare direttamente dal contadino tutti i prodotti venduti, ivi compresa quella in realtà acquistata ai mercati generali o all’ingrosso; lacunosità del sistema sanzionatorio nei casi di specie; la permissività dei controlli verso le imprese agricole; e infine un regime speciale in materia Tari, sino all’esenzione”.
Per Fiesa e Assofrutterie “Tali argomenti, chiamando in causa la leale concorrenza e competizione tra imprese, riguardano il futuro delle nostre aziende associate, per le quali non è accettabile che gli stessi prodotti – acquistati nel medesimo luogo – possano essere venduti da persone (fisiche o giuridiche che siano) caratterizzate da regimi fiscali diversi. Oppure in assoluta carenza di dichiarazioni obbligatorie sull’origine e la qualità dei prodotti, con inevitabile vantaggio per taluni a discapito di altri, tale da creare i presupposti per situazioni costituzionalmente illegittime quali la concorrenza sleale e la disparità di trattamento”.
Alla luce di queste considerazioni, le Associazioni interpellanti hanno chiesto ai Ministri competenti se ritengono che dal punto di vista normativo sia corretto applicare ad imprenditori che svolgono lo stesso lavoro – vendere al pubblico prodotti ortofrutticoli – normative di carattere amministrativo, fiscale e tributario e della sicurezza alimentare del tutto differenti e se questo non crea un’asimmetria competitiva che compromette la corretta concorrenzialità tra imprese.
I due Presidenti hanno chiesto dunque “di procedere ad una duplice azione, non soltanto chiarificatrice verso i consumatori, come suggerito dagli stessi uffici del MiSE ma anche di parificazione delle condizioni normative e strutturali di vendita”.
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