Introdotto l’istituto delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e sono state disciplinate le convivenze di fatto
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“Con legge 20 maggio 2016, n. 76 è stato introdotto l’istituto delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e sono state disciplinate le convivenze di fatto. Con la circolare del 31 marzo 2017, numero 66, vengono fornite le prime istruzioni in merito all’incidenza delle nuove disposizioni normative sulla disciplina degli obblighi previdenziali posti a carico degli esercenti attività d’impresa (Gestioni dei lavoratori autonomi artigiani e commercianti)”.
Lo riporta l’Inps. Nella circolare 66 viene riportato come: “in materia di unioni civili, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso.
Pertanto, qualsiasi disposizione normativa, regolamentare o amministrativa, oltreché tutte le disposizioni del codice civile espressamente richiamate dalla legge n. 76/16, che contengano la parola “coniuge”, devono intendersi riferite anche ad ognuna delle parti dell’Unione civile”.
“Lo status di coniuge – spiega l’Inps – rileva, ai fini dell’individuazione, dei soggetti che svolgono attività lavorativa in qualità di collaboratori del titolare d’impresa o, se l’impresa assume forma societaria, di uno dei titolari. L’equiparazione tra il coniuge ed ognuna delle parti dell’Unione civile comporta la necessità di estendere le tutele previdenziali in vigore per gli esercenti attività autonoma anche ai coadiuvanti uniti al titolare da un rapporto di unione civile, registrato ai sensi di legge e comprovato da una dichiarazione sostitutiva.
Ne deriva che, in sede di comunicazioni di eventi che il titolare è tenuto ad effettuare mediante il sistema ComUnica egli potrà indicare come proprio collaboratore colui al quale è unito civilmente, identificandolo, nel campo relativo al rapporto di parentela, quale coniuge. Pertanto, anche con riferimento al campo di applicazione dell’istituto dell’impresa familiare, deve intendersi che il soggetto unito civilmente al titolare dell’impresa familiare deve essere equiparato al coniuge, con tutti i conseguenti diritti ed obblighi di natura fiscale e previdenziale”.
Per quanto riguarda invece le convivenze di fatto: “la nuova normativa estende al convivente alcune tutele, espressamente indicate, riservate al coniuge o ai familiari, ad esempio in materia penitenziaria, sanitaria, abitativa, ma non introduce alcuna equiparazione di status, né estende al convivente, per quanto di interesse, gli stessi diritti/obblighi di copertura previdenziale previsti per il familiare coadiutore.
Pertanto, il convivente di fatto, non avendo lo status di parente o affine entro il terzo grado rispetto al titolare d’impresa, non è contemplato dalle leggi istitutive delle gestioni autonome quale prestatore di lavoro soggetto ad obbligo assicurativo in qualità di collaboratore familiare.
E’ utile evidenziare, inoltre, che il comma 46 attribuisce al convivente che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente il diritto di partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi, nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, commisurata al lavoro prestato”, a meno che non sussista già tra le parti un rapporto di subordinazione o di società”.
“In ogni caso – conclude l’Inps – si ritiene che l’eventuale attribuzione di utili d’impresa al convivente di fatto, da parte del titolare, ai sensi del nuovo articolo 230 ter, non abbia alcuna conseguenza in ordine all’insorgenza dell’obbligo contributivo del convivente alle gestioni autonome, mancando i necessari requisiti soggettivi, dati dal legame di parentela o affinità rispetto al titolare”.