Rete Imprese Italia: “Meglio il lavoro di cittadinanza e destinare risorse a investimenti”
Rete Imprese Italia è per il lavoro di cittadinanza, mentre il reddito di cittadinanza difficilmente potrà contribuire al rilancio dell’occupazione in Italia. Quanto alle risorse per ‘Quota 100’ avrebbero giovato di più alla ripresa economica ed occupazionale se destinate alla spesa per investimenti.
È il giudizio espresso oggi dal Presidente di Rete Imprese Italia e di Confartigianato Imprese Giorgio Merletti, intervenuto in audizione alla Commissione Lavoro del Senato sul decreto legge in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni.
Il Presidente Merletti, pur apprezzando la volontà del Governo di combattere la povertà e rilanciare l’occupazione, ritiene che nel provvedimento sul reddito di cittadinanza rischia nel tempo di prevalere la componente assistenziale se esso non verrà accompagnato da subito da tutti i provvedimenti amministrativi e dagli investimenti in risorse umane e tecnologia per la realizzazione della finalità primaria, di innescare processi virtuosi per la ricerca di occupazione.
Gli incentivi riconosciuti ai datori di lavoro per l’assunzione dei beneficiari del reddito di cittadinanza vengono giudicati di difficile gestione e con una serie di limitazioni che ne scoraggiano l’utilizzo.
Secondo Rete Imprese Italia, va rafforzato il meccanismo delle condizioni per ottenere il reddito di cittadinanza, va attuata la riforma strutturale dei centri per l’impiego e garantiti efficaci controlli per evitare abusi nella fruizione del beneficio. Va evitato il rischio di possibili effetti distorsivi sul mercato del lavoro: la crescita dell’occupazione irregolare e della concorrenza sleale nei confronti delle piccole imprese, il disincentivo a creare nuove iniziative imprenditoriali.
Il Presidente di Rete Imprese Italia ritiene poi necessario un attento monitoraggio degli interventi su ‘Quota 100’, “una misura estremamente onerosa che occorre contemperare con la necessità di garantire la sostenibilità del sistema pensionistico italiano. Inoltre andrà ad aggiungersi alle misure strutturali e sperimentali degli ultimi anni, alimentando una normativa previdenziale estremamente complessa che rende difficile la programmazione sia per le aziende che per i lavoratori di volta in volta interessati”.