Racket, pizzo e usura, ovvero il ‘ramo commerciale’ delle mafie che incide direttamente sul mondo dell’impresa, valgono 100 miliardi di euro, pari a circa il 7% del pil nazionale. E’ quanto denunciano Sos Impresa e Rete per la legalita’, che oggi a Roma hanno promosso la Convenzione nazionale delle associazioni antiracket e antiusura no profit. All’evento sono intervenuti il vice presidente vicario di Confesercenti Massimo Vivoli, il Presidente di Sos Impresa Lino Busà, il Presidente di Rete per la Legalità Lorenzo Diana, Teresa Petrangolini, Ufficio Presidenza Regione Lazio e l’assessore del Comune di Roma Paolo Masini. Alla convenzione ha partecipato il Senatore Filippo Bubbico, già Vice Ministro dell’Interno.
Si tratta del principale business della criminalità organizzata, se si considera che la ‘Mafia spa’ fattura annualmente circa 138 miliardi per un utile di 78 miliardi al netto degli investimenti e degli accantonamenti. Sono oltre un milione gli imprenditori, un quinto di quelli attivi, vittime di almeno uno dei circa 1.300 reati che le imprese subiscono ogni giorno, su 2,5 milioni di reati complessivi commessi.
Circa 200mila sono i commercianti colpiti dall’usura, rileva Sos Impresa, per un giro d’affari di 20 miliardi destinato a crescere ulteriormente in questo periodo di crisi economica. Ma e’ incoraggiante che a crescere siano state anche le denunce, con un aumento del 15% dal 2011 al 2012 e un trend invariato per il 2013: secondo le stime, gli “strozzini” in attività sono 40mila, e 1.000 vengono denunciati ogni anno.
Quanto alle estorsioni, il ‘pizzo’ non passa mai di moda come testimoniano le oltre 6mila denunce per racket e i circa 25mila estortori denunciati. Il problema evidenziato dalle associazioni e’ che “l’imprenditore vittima di usura o racket e’ costretto al fallimento, perchè il primo limite delle attuali leggi e’ quello della mancata convenienza a denunciare: se dal punto di vista penale l’imprenditore riesce a far arrestare i propri aguzzini, da quello civile le procedure determinano un peggioramento delle condizioni di vita dell’azienda”.