Allarme dell’associazione di categoria: “Inversione di tendenza solo in agricoltura, ma terziario e artigianato a picco”
Un vero e proprio crollo dei finanziamenti alle micro, piccole e medie imprese del commercio e dell’artigianato, un inedito calo, almeno in queste dimensioni, anche per turismo e ristorazione: le banche scommettono solo sull’agricoltura. È il quadro d’insieme del report dell’Osservatorio Confesercenti sul credito alle imprese in Abruzzo, elaborato sui dati Banca d’Italia al 30 giugno 2019. «I dati – spiega Daniele Erasmi, presidente regionale di Confesercenti – dimostrano che l’Abruzzo vive due grandi problemi: una crisi dei consumi e del lavoro che si va aggravando, ed un sistema creditizio prevalentemente distante dalle esigenze locali e che dunque, nonostante la buona volontà delle banche di credito cooperativo e di molti dirigenti delle banche nazionali, nel suo insieme non riesce ad essere di supporto all’economia regionale in un momento di enorme difficoltà».
I dati elaborati dall’ufficio credito nazionale dell’associazione sono infatti impietosi. Nel commercio, che in Abruzzo vuol dire quasi 32 mila imprese e 54 mila posti di lavoro, nonostante un generalizzato calo delle sofferenze (-19,8 per cento) i prestiti bancari nei primi sei mesi del 2019 registrano -9 per cento per le imprese con meno di 5 addetti, -13,2 per le imprese da 6 a 19 addetti, -4,9 per le aziende con oltre 20 dipendenti, per una media di -7,1 per cento. Un calo che isola l’Abruzzo persino da altre realtà del sud, dove grandi regioni come la Puglia registrano contrazioni molto più lievi (-1,9 per cento). D’altronde il tasso di decadimento, che misura la rischiosità dei prestiti alle imprese, per il commercio abruzzese è schizzato a 4,77 punti, record dell’Italia insulare, contro una media nazionale di 2,09 punti: segno di un peggioramento congiunturale negli ultimi 12 mesi e di un pesante aggravamento della condizione dei negozi abruzzesi.
Non va meglio per l’altra grande famiglia delle micro imprese, l’artigianato, con 30 mila imprese e 35 mila addetti, dove i finanziamenti bancari sono scesi del 7,1 per cento con un vero tonfo per il segmento delle imprese con 20 addetti (-17,3 per cento).
Per la prima volta il calo dei finanziamenti travolge anche un settore dinamico ed in crescita come il turismo e la ristorazione, che vale più di 10 mila imprese e 37 mila addetti, per il quale però i prestiti scendono del 10,6 per cento contro una media nazionale di -2,9, conferendo all’Abruzzo il terzo peggior risultato in Italia. Particolarmente evidente, nel settore turismo e ristorazione, il divario nel segmento delle aziende con almeno 20 addetti: in Abruzzo il calo negli ultimi 12 mesi è stato del 12,2 per cento, mentre la media nazionale ha registrato un calo di appena 0,4 punti. Eppure in questo settore il tasso di decadimento, benché in peggioramento e superiore alla media nazionale (3,66 contro la media italiana di 2,68) non è fra i peggiori. Male anche il segmento dei servizi (4 mila 300 aziende, 26 mila posti di lavoro) dove il calo dei prestiti ha doppiato la media nazionale: -14,6 rispetto al -7 per cento, nonostante un tasso di decadimento (2,3 punti) inferiore a tante regioni anche del nord.
Ma le banche sembrano sempre più orientate a sostenere il settore agricolo, dove operano 27 mila aziende e che registra una netta inversione di tendenza. I prestiti infatti sono cresciuti in 12 mesi del 5,5 per cento a fronte di una media nazionale di -2,4 punti, anche se il dato è trainato dall’ottima performance delle aziende con oltre 20 dipendenti (+16,7 per cento) che drenano risorse a differenza delle piccole imprese agricole (-7,6 per cento) e delle piccolissime (-2).
«Siamo di fronte ad una emergenza non così lontana da quella di dieci anni fa – afferma il direttore regionale di Confesercenti Lido Legnini – e il sistema delle imprese abruzzesi sta giungendo ulteriormente indebolito a questo nuovo peggioramento. Gli strumenti messi in campo sono insufficienti: occorrono misure straordinarie. Il tessuto è ancora in grado di invertire la tendenza, anche alla luce dei passi avanti fatti da regioni con economie storicamente più deboli della nostra. Occorre però uno scatto di reni subito da parte delle istituzioni, e c’è bisogno anche di un confronto con il sistema bancario sugli strumenti a disposizione delle imprese: i dati dimostrano che a parità di condizioni, qui la contrazione del credito è più dura e le banche devono tornare a fare la loro parte».