Con l’alternarsi di minacce di nuovi provvedimenti restrittivi a spiragli di aperture siamo nella concreta impossibilità di gestire le nostre attività o meglio di fare qualsiasi previsione di come investire ed intervenire nelle nostre imprese nei prossimi giorni
L’unica certezza è la confusione: di fronte al crescente numero di contagiati ed alla drammatica situazione della salute di tutti noi, le piccole imprese si sentono in alto mare, in balia di una tempesta che nessuno sa controllare.
Di fronte ad una situazione drammatica, di fronte alla comunicazione di nuovi provvedimenti ‘peggiorativi’ sta calando sulle spalle di esercenti, commercianti, piccoli imprenditori, l’ennesima batosta in grado di tagliare qualsiasi speranza per il futuro.
Non è più possibile lavorare in queste condizioni. Fino a ieri eravamo preoccupati e poco convinti dei provvedimenti previsti per le prossime festività.
Oggi con l’alternarsi di minacce di nuovi provvedimenti restrittivi a spiragli di aperture siamo nella concreta impossibilità di gestire le nostre attività o meglio di fare qualsiasi previsione di come investire ed intervenire nelle nostre imprese nei prossimi giorni.
Invitiamo tutti, per un minuto, a entrare in uno dei nostri negozi, dei nostri bar, dei nostri ristoranti, delle nostre gastronomie pasticcerie librerie ecc.
Nel mese di dicembre, molte di queste attività, incassano dal 20 al 30% dei loro ricavi.
Nelle vendite al dettaglio sugli oltre 5miliardi di vendite annuali nella nostra provincia non meno di 950milioni sono le vendite di dicembre. Una buona parte di queste vendite avviene nei primi venti giorni ma una parte importante è rivestita dalle vendite nella settimana precedente il Natale.
L’ipotesi zona rossa nei gironi festivi e prefestivi con negozi e ristoranti chiusi porterebbe praticamente ad azzerare (-90% nei ristoranti e nei negozi) in quelle 7 giornate di chiusura totale.
Il danno è facile calcolarlo non meno di 10milioni per i ristoranti padovani e non meno di 25milioni per le chiusure nei prefestivi per i negozi.
Le consegne a domicilio e l’eventuale vendita per asporto non andrebbero a coprire se non per il 10% le vendite e le somministrazioni.
Pur in una situazione di assoluta difficoltà, quale era quella prevista con la limitazione degli spostamenti fuori dai comuni si poteva ipotizzare una perdita attorno ai 2milioni, in queste condizioni la perdita per la ristorazione sarà totale.
I dati che ci arrivano in questi giorni dai negozianti ci segnalano una, seppur limitata, ripresa di interesse da parte dei consumatori per i negozi fisici, verso la bottega sottocasa.
Già nella situazione attuale, senza ulteriori restrizioni, l’intero mese di dicembre avrebbe comportato una perdita di ricavi per le vendite al dettaglio superiore ai 500 milioni (queste prime due settimane ci avevano dato segnali confortanti ed in ripresa).
L’eventuale introduzione di una zona arancione fino alla Befana costerebbe agli esercenti un danno di chiusura per 15 giornate che non sarebbe inferiore ai 60 milioni.
La necessità è quella di introdurre strumenti di controllo e regole chiare ed obbligatorie nei comportamenti individuali.
Procedere con interventi di limitazione , con chiusure delle attività e soprattutto con tanta incertezza su quello che potremmo fare da qui a Natale francamente è esiziale per tutte le piccole attività.