La situazione delle imprese reggine
I numeri che ci consegnano i 12 mesi di pandemia sono impietosi: oltre 3 milioni di contagi e 100mila decessi. Numeri che fanno capire la gravità dell’emergenza sanitaria ma che non possono prescindere da quelli, altrettanto preoccupanti, dell’emergenza finanziaria indotta dall’epidemia di Covid-19 e dalle misure attuate per contenerla.
In 12 mesi, secondo uno studio appena pubblicato da Confesercenti Nazionale, sono stati persi 183 miliardi di Pil e 137 miliardi di consumi. Cifre impressionanti che hanno e continuano ad avere un impatto disastroso sull’economia reale, sulle imprese, sulle famiglie i cui livelli di spesa sono tornati a quelli del 1997.
La crisi sanitaria si sta trasformando sotto i nostri occhi in una vera e propria catastrofe economica. Nell’ultimo anno 262mila lavoratori autonomi hanno chiuso e nel corso di quest’anno altre 450mila attività rischiano di cessare l’attività con una perdita di 2 milioni di posti di lavoro, i redditi delle partite iva sono scesi di 45 miliardi e le imprese hanno perso 148 miliardi di valore aggiunto di cui 65 ascrivibili al commercio, al turismo e alla ristorazione.
A fronte di questa drammatica situazione lo Stato, con vari e non sempre coordinati interventi nazionali e territoriali, ad oggi, ha stanziato contributi a fondo perduto per poco più di 10 miliardi di euro, assolutamente insufficienti per coprire anche una minima parte delle perdite sostenute dal tessuto produttivo.
Purtroppo, pur auspicando tutt’oggi un deciso cambio di rotta del nuovo Governo siamo costretti, nostro malgrado, a constatare che la bozza del prossimo “Dl Sostegni” attualmente circolante non fa ben sperare dato che, a fronte del positivo e sospirato superamento dei codici Ateco come criterio di selezione delle imprese percettrici, non tiene in considerazione le perdite subite dalle aziende nel 2020 e mai ristorate. Un “colpo di spugna” inaccettabile che, se confermato, sarebbe una beffa atroce nei confronti di migliaia di imprenditori che stanno tenendo aperte le proprie attività con le unghie e con i denti ma che sono arrivati ad un limite oltre il quale c’è solo la chiusura definitiva.
Per affrontare il momento di estrema difficoltà nel quale ci stiamo dibattendo, si devono stanziare risorse ben più corpose perché non è pensabile, giusto o etico, scaricare il peso di questa crisi sulle spalle delle piccole e piccolissime imprese che, comunque, non hanno la forza per sostenerlo.
Si devono inoltre intensificare gli sforzi sulla campagna vaccinale che rimane l’unica vera chiave di volta che ci potrà permettere di tornare alla normalità, si deve agire con maggiore chiarezza e programmazione superando la logica delle norme emanate da un giorno all’altro ma, soprattutto, si deve creare un vero e proprio “Patto Sociale” tra Stato e Imprese così da non proseguire sulla strada delle chiusure indiscriminate utilizzate come inaccettabile scorciatoia per superare l’incapacità di controllare il territorio e far rispettare le regole a chi le trasgredisce.
Il nuovo lockdown che si ipotizza nelle ultime ore, ove attuato anche solo nei fine settimana, sarebbe un’ennesima e, probabilmente per molti, definitiva mazzata sferrata a un tessuto economico ormai in ginocchio che, sino ad ora, non ha ricevuto risposte adeguate e continua a navigare a vista in un mare di incertezza e scoramento.
Noi crediamo, invece, esistano ulteriori strade da percorrere, altrettanto e forse anche più efficaci delle continue e spesso improduttive chiusure generalizzate, prime tra tutte quelle della collaborazione e del confronto.
Alcuni tra i più importanti imprenditori reggini nel campo della ristorazione, ad esempio, perfettamente consapevoli della priorità di compiere qualsiasi sforzo per contenere la pandemia si sono resi disponibili, nel corso del positivo incontro di pochi giorni fa con il Questore Megale, ad essere parte attiva di una strategia di prevenzione nei confronti degli assembramenti e, più in generale, dei comportamenti impropri che minano la sicurezza e la salute pubblica, dimostrando in tale maniera che altre soluzioni esistono e con buon senso e buona volontà è possibile concretizzarle.
Al di là di tutto comunque, qualunque siano le opzioni che verranno prese in considerazione e le strategie che saranno adottate, rimane un punto fermo e imprescindibile: se l’andamento della pandemia costringesse l’Esecutivo ad attuare un nuovo lockdown pretendiamo che la stessa tempestività con cui si predisporranno gli atti propedeutici all’esecuzione dello stesso venga impiegata per mettere in campo, contestualmente e con la massima chiarezza e congruità, tutte le misure necessarie a sostegno del tessuto imprenditoriale che non può continuare ad essere, di fatto, l’unica vittima incolpevole di un’emergenza che riguarda un’intera comunità dove non devono e non possono esistere cittadini di serie A e di serie B.