Dai quasi 6mila mercati italiani circa 30 miliardi l’anno di fatturato
La presenza degli stranieri nel commercio al dettaglio su area pubblica dilaga: ormai quasi un imprenditore (il 46,8%) su due del settore è nato all’estero, un dato in crescita del 4,6% rispetto al 2011. Una ‘deitalianizzazione’ che non ha pari in alcun altro comparto della nostra economia, (che registra, complessivamente, appena l’8,2% di imprenditori stranieri) e che sta profondamente cambiando la natura del commercio su area pubblica. Il contributo degli imprenditori nati all’estero è stato fondamentale per permettere al settore di crescere anche durante la crisi: nel biennio 2012-2013, il peggiore della recessione, il commercio su area pubblica è stata l’unica tipologia del commercio a registrare un saldo tra aperture e chiusure di imprese positivo per 6.803 imprese.
E’ questa la fotografia scattata da “Piazza affari”, lo studio condotto da Indis Unioncamere in collaborazione con Anva, l’associazione Confesercenti che riunisce gli imprenditori del commercio al dettaglio su area pubblica.
Boom di stranieri, soprattutto a sud
Le iscrizioni adducibili a stranieri, negli ultimi due anni, sono state 18.775, quasi il 70% del totale delle nuove attività avviate nel settore. La componente estera è concentrata su poche provenienze geografiche, per lo più collocabili in Africa e in Asia, e nel suo complesso lascia ben poco spazio all’iniziativa imprenditoriale delle donne. Gli imprenditori stranieri sono attivi soprattutto al sud: qui la percentuale di imprese gestite da una persona nata all’estero passa dal 46,8% nazionale al 49,3%.
Fig.1 – Incidenza delle imprese straniere sul totale imprese in alcuni settori di attività economica
Fonte: Elaborazione Unioncamere-Si.Camere su dati Infocamere
Il commercio su area pubblica in cifre
Con oltre 30 miliardi di fatturato, 182.763 imprese e 250mila addetti divisi tra quasi 6mila mercati in tutta Italia, il commercio al dettaglio su area pubblica è uno dei comparti più vitali del nostro commercio. Complessivamente, le imprese su area pubblica costituiscono il 3% del totale delle imprese italiane. Il tasso di natalità delle aziende del settore, nel 2013, è stato pari a +7,23%: un dato decisamente positivo, soprattutto se messo a paragone con quello complessivo del commercio al dettaglio che si ferma a +5,03. Mercatini e bancarelle hanno messo a segno nel 2013 anche un tasso di mortalità del 5,37%, quasi un punto percentuale inferiore a quello del commercio nel suo complesso. Il saldo tra il numero di nuove imprese del commercio su aree pubbliche iscritte al Registro delle Imprese e quello delle cancellate è strutturalmente positivo da anni: segno di un sistema in continua evoluzione, con un ruolo pervasivo degli stranieri.
Tabella 1 – Iscrizioni, cessazioni e stock delle imprese del commercio al dettaglio ambulante, 2012-2013
Anno |
Iscrizioni |
Cessazioni non d’ufficio |
Saldo |
2012 |
13.962 |
10.493 |
3.469 |
2013 |
13.003 |
9.669 |
3.334 |
TOTALE 2012-2013 |
26.965 |
20.162 |
6.803 |
Di cui stranieri |
|||
2012 |
9.515 |
3.881 |
5.634 |
2013 |
9.260 |
3.492 |
5.768 |
TOTALE STRANIERI 2012-2013 |
18.775 |
7.373 |
11.402 |
Fonte: Elaborazione Unioncamere-Si.Camera su dati Infocamere
Identikit degli imprenditori: giovane e… maschio
Il commercio su aree pubbliche nel suo complesso è un settore piuttosto giovane: l’età media degli imprenditori del commercio ambulante si attesta intorno ai 46,6 anni, oltre due anni meno del complesso degli imprenditori del commercio al dettaglio e più di quattro rispetto al totale economia. Ancora più bassa (42,3) l’età media dei titolari stranieri. Dal punto di vista geografico, sembra emergere a livello complessivo una età media leggermente superiore nelle aree del Centro-Nord rispetto a quelle del Mezzogiorno.
Il settore presenta però ancora un elevato grado di “mascolinizzazione”: gli imprenditori di sesso maschile, nel 2013, hanno superato quota 80%. Si tratta di dati decisamente peculiari per il comparto, visto che se si prende il totale del commercio al dettaglio la quota di maschi imprenditori è quasi equivalente rispetto a quella delle donne (59 contro 41%), mentre nel totale della nostra economia gli uomini non arrivano a rappresentare neanche i due terzi della forza imprenditoriale italiana.
Tab. 2 – Distribuzione per classe di età dei titolari e soci delle imprese del commercio ambulante per anno nel periodo 2011-2013. Valori assoluti
CLASSE DI ETA’ |
Totale |
-di cui nati all’estero |
||||
2011 |
2012 |
2013 |
2011 |
2012 |
2013 |
|
< 18 anni |
22 |
24 |
20 |
0 |
1 |
0 |
da 18 a 24 anni |
5.500 |
5.568 |
5.652 |
3.725 |
3.760 |
3.829 |
da 25 a 29 anni |
10.150 |
10.790 |
11.062 |
6.286 |
6.995 |
7.397 |
da 30 a 34 anni |
17.367 |
18.162 |
18.395 |
10.780 |
11.894 |
12.613 |
da 35 a 39 anni |
23.004 |
23.769 |
24.758 |
12.531 |
13.890 |
15.480 |
da 40 a 44 anni |
25.914 |
26.180 |
26.094 |
12.033 |
12.960 |
13.561 |
da 45 a 49 anni |
27.336 |
27.189 |
27.107 |
10.797 |
11.123 |
11.711 |
da 50 a 54 anni |
23.651 |
24.433 |
24.892 |
8.290 |
8.846 |
9.175 |
da 55 a 59 anni |
18.338 |
19.005 |
19.666 |
5.578 |
6.050 |
6.543 |
da 60 a 64 anni |
12.204 |
12.566 |
12.919 |
2.694 |
3.177 |
3.539 |
da 65 a 69 anni |
5.989 |
6.404 |
6.591 |
908 |
1.001 |
1.139 |
da 70 a 74 anni |
3.517 |
3.466 |
3.421 |
420 |
473 |
490 |
da 75 a 79 anni |
1.798 |
1.862 |
1.899 |
156 |
169 |
197 |
da 80 a 89 anni |
1.301 |
1.386 |
1.393 |
65 |
82 |
93 |
>= 90 anni |
552 |
549 |
557 |
2 |
4 |
5 |
* n.c. |
175 |
192 |
187 |
0 |
0 |
0 |
TOTALE |
176.818 |
181.545 |
184.613 |
74.265 |
80.425 |
85.772 |
ETA’MEDIA |
46,7 |
46,6 |
46,6 |
42,2 |
42,2 |
42,3 |
Fonte: Elaborazione Unioncamere-Si Camera su dati Infocamere
Fig. 2 – Età media dei titolari e soci di impresa per alcuni settori di attività economica. 2013
Fonte: Elaborazione Unioncamere-Si Camera su dati Infocamere
Quasi 6mila mercati italiani, il 77,4% dei banchi dedicato al No Food
Sulla base di una ricostruzione appositamente effettuata per questo studio, in Italia si contano 5.588 mercati, dislocati in 5.551 realtà comunali, per un totale di 235.346 posteggi, con una dimensione media in termini di banchi pari a 45,3. La provincia leader per diffusione di mercati è quella di Torino con 221 mercati, seguita da Bergamo e Brescia rispettivamente con 201 e 165. Calcolando il numero di mercati per abitante, invece, in testa alla classifica c’è la provincia di Isernia, con 42,8 mercati ogni 100mila abitanti.
A livello nazionale l’offerta può essere quantificata in una quota di banchi alimentari pari al 19,0%, a cui si affianca una netta preponderanza (77,4%) di offerta non alimentare con un 3,6% di banchi/posteggi a cui non è stato possibile attribuire una classificazione merceologica.
I dati medi nazionali sono il frutto di un’offerta complessiva piuttosto omogenea in quasi tutto il Paese, ad eccezione del Nord-Ovest. In quest’area si osserva infatti una maggiore presenza di banchi alimentari che arrivano a rappresentare il 25% del numero totale dei posteggi presenti sul territorio.
Una caratterizzazione questa particolarmente accentuata soprattutto in tre regioni: Piemonte, Valle d’Aosta e Lombardia, che si attesta sempre oltre il 20%, con punte del 30% registrate in Piemonte, e con la Liguria che invece si colloca al di sotto della media nazionale di 1,7 punti percentuali.
Le sfide per il futuro: dalla lotta all’abusivismo alla rete di imprese
“Il commercio su area pubblica italiano è un patrimonio economico e culturale inestimabile – spiega il presidente di Anva, Maurizio Innocenti, nel corso della sua relazione – intriso di storia e lavoro. Non è un caso che a Milano Expo 2015 saranno presenti collegamenti quotidiani su maxi schermi che riporteranno le voci ed i colori dei nostri più importanti e storici mercati: Campo dei Fiori, Vucciria, Rialto. I nostri mercati sono emblema planetario del colore e del calore del nostro commercio. E’ un patrimonio che altri ci riconoscono ma che noi rischiamo di non sapere preservare. Fino a qualche anno fa i nostri mercati brillavano di vitalità commerciale nei principali centri delle città. La crisi economica e la crisi dei consumi, tuttavia, hanno travolto anche le nostre attività: abbiamo perso appeal”.
“In questi anni – continua Innocenti – abbiamo subito e stiamo subendo le scelte e le decisioni delle amministrazioni comunali che vanno spesso in direzione opposta a quelle che sono le nostre esigenze. Il mercato è un oggetto commerciale che trova le proprie energie e vitalità nell’equilibrio dell’offerta nel Paese e nell’intelligenza imprenditoriale dei singoli: se vien meno l’equilibrio il mercato va in default. Inaccettabile è il fatto che la TARI costerà per gli imprenditori del commercio su area pubblica molto di più rispetto alle altre categorie. Non si può sottacere, poi, che la presenza di imprenditori di nazionalità extracomunitaria sia ormai talmente invasiva ed evidente da avere innescato una trasformazione del settore, né dei 30mila venditori abusivi che quotidianamente stazionano presso i nostri mercati.”
“Dobbiamo a questo punto – conclude il Presidente di Anva – comprendere che è giunto il momento di fare rete. Le nostre esperienze e intuizioni commerciali vanno messe a sintesi, per fare di più e meglio: la gestione delle aree pubbliche destinate al commercio deve essere affidata alle imprese. O cominciamo a ragionare in termini di gestione consortile delle nostre attività o rischiamo veramente di autodistruggerci: un mercato non governato, infatti, è destinato a perdere peso e qualità, e a costare molto di più ai singoli imprenditori”.
Roma, 9 maggio 2014