Confesercenti: “La rete dei negozi aderisce all’iniziativa, ma è oscurata dalle campagne promozionali delle grandi catene e delle piattaforme di e-commerce. Servono regole per una concorrenza equilibrata”
Il Black Friday torna a crescere. Quest’anno un italiano su tre è pronto a cogliere l’opportunità della giornata di super sconti che farà da apripista alla stagione dello shopping natalizio, per una spesa media di 144 euro a testa e oltre 1,7 miliardi in totale. Non solo sulla rete, ma anche sulla strada: saranno infatti circa 100mila i negozi ‘reali’ che aderiranno al venerdì nero con sconti medi a partire dal 30%. E, in due casi su tre, le offerte dureranno per tutto il weekend.
È quanto emerge dal consueto sondaggio condotto da SWG per Confesercenti su un doppio campione di consumatori e imprenditori del commercio.
Black Friday e pre-promozioni. Il fatturato previsto per l’occasione si traduce in una porzione di consumi consistente: 1,7 miliardi di euro che si ‘divideranno’ tra le attività commerciali online e i negozi su strada. A questi vanno aggiunti altri 500 milioni di spesa già effettuata dal 17% degli italiani che hanno acquistato in occasione delle numerose campagne promozionali ‘pre-promozioni’ legate al black friday, condotte dalle grandi piattaforme di e-commerce e dalle grandi catene di retail multicanale – soprattutto di elettronica – già a partire da ottobre.
Tech in testa, ma esplode la moda. Chi comprerà durante il Black Friday anche quest’anno cercherà soprattutto prodotti tecnologici, indicati dal 45%, e moda, con un 44% in cerca di abbigliamento, calzature e accessori. Un balzo enorme rispetto al periodo pre-pandemia, quando gli interessati all’acquisto di prodotti di moda erano il 26%. Crescono anche gli elettrodomestici (29%, contro il 25% dello scorso anno), mentre calano dal 10% all’8% i viaggi. Stabili, invece, mobili e prodotti per la casa (15%). Ma si cerca di tutto, con il 17% che indica altre tipologie di beni e servizi, dai prodotti enogastronomici a quelli cosmetici. Moltissimi cercheranno i doni per le feste: il 54% dei consumatori userà infatti l’occasione per fare almeno un regalo da mettere sotto l’albero.
On-line e off-line dopo la pandemia. Le pre-promozioni hanno avuto successo nell’indirizzare i consumatori verso l’e-commerce, rendendo meno visibili i negozi: ad acquistare sul web quest’anno sarà il 46% degli interessati al Black Friday, mentre solo il 18% opterà per un negozio della rete di distribuzione fisica. Un 26% di consumatori a caccia di occasioni, invece, si orienterà su entrambe le tipologie di vendita. Ma c’è anche un 10% che ancora non ha deciso dove farà i suoi acquisti.
Un rientro in gioco difficile per la rete dei negozi di prossimità, che nel 2020 erano stati di fatto esclusi dalla giornata promozionale a causa delle restrizioni imposte per il contenimento del COVID. Quest’anno saranno comunque oltre 100mila le imprese della distribuzione tradizionale che aderiranno, con uno sconto medio di partenza vicino al 30%.
Quest’anno ben il 28% degli imprenditori ha sposato l’idea di Black Week ed ha già iniziato gli sconti da lunedì, mentre il 53% opta per il Black Weekend, con offerte da venerdì fino a domenica sera. Solo il 16% si limiterà esclusivamente al venerdì.
“Il Black Friday è sicuramente un’opportunità, ma anche una sfida per le piccole imprese del commercio di prossimità”, commenta Confesercenti. “Se da un lato c’è una chiara occasione anche per i negozi della distribuzione tradizionale, dall’altro lo squilibrio tra le forme distributive si fa sentire sempre di più, sia sul piano delle risorse da dedicare alle campagne pubblicitarie, sia su quello fiscale. Secondo le nostre stime un miliardo di spesa sulle piattaforme e-commerce multinazionali genera 10 milioni di euro di imposte, quasi cinque volte meno dei 49 milioni generati dalla stessa cifra nella rete fisica. E questo al netto dell’IVA: se considerassimo anche questa imposta lo squilibrio sarebbe addirittura maggiore. Anche secondo l’Unione Europea, infatti, gli Stati membri hanno difficoltà ad incassare l’IVA dovuta sui beni venduti dai cosiddetti ‘centri di rifornimento’. Lo sviluppo del commercio elettronico pone una serie di problemi e richiede un intervento dei governi a livello normativo per garantire il mantenimento di condizioni di parità per tutti i concorrenti”.