Passo indietro sulla deregulation delle aperture, dodici giorni di chiusura l’anno
Chiusura obbligatoria di tutti i negozi per dodici giorni all’ anno. Con possibilità di deroghe a livello locale. La totale liberalizzazione delle chiusure degli esercizi commerciali, introdotta dal decreto salva Italia del governo Monti nel 2011, potrebbe fare un lungo passo indietro se dovesse passare il progetto di legge che domani verrà presentato dal relatore Angelo Senaldi (Pd) al comitato ristretto della Commissione attività produttive della Camera. La discussione in Commissione, in sede referente, potrebbe iniziare dalla prossima settimana. Ma sul testo è già battaglia, a giudicare dalle differenti posizioni espresse sia dai partiti (anche al loro interno) che dalle associazioni di categoria. Dopo un confronto di mesi, durante i quali Senaldi ha cercato di unificare le quattro proposte esistenti (Pd, FI, M5S, progetto di iniziativa popolare promosso da Confesercenti e Cei), la bozza finale modifica la liberalizzazione di Monti introducendo 12 giorni di chiusura obbligatoria per tutti gli esercizi commerciali (non per i pubblici esercizi) in concomitanza con le dodici maggiori festività civili e religiose: 1° Gennaio, Epifania, 25 Aprile, Pasqua, Pasquetta, 1° Maggio, 2 Giugno, Ferragosto, 1° Novembre, 8 Dicembre, Natale e Santo Stefano. «Per andare incontro alle esigenze del territorio – spiega Senaldi -, ciascun Comune, sentiti sindacati, associazioni di categoria e di consumatori, può sostituire fino a sei di queste festività con altrettante chiusure. Questo perché a Cortina, ad esempio, le chiusure nei giorni invernali potrebbero essere controproducenti». Sono esenti edicole, fioristi, stazioni di servizio. Nulla di nuovo invece sugli orari dei negozi e sulle licenze. Mentre sulle aperture domenicali possono intervenire accordi a livello territoriali in deroga. Infine la bozza prevede una serie d’ incentivi fiscali e contributi, per un importo ancora non quantificato, a favore dei negozi fino a 150 metri quadri nei Comuni sotto i 10 mila abitanti e fino a 250 metri quadri in quelli sopra i 10 mila. Si tratta di misure per le ristrutturazioni, l’ efficienza energetica, l’ informatizzazione. In Commissione la discussione si preannuncia vivace: il M5S introdurrebbe limiti anche sulle domeniche, mentre Fi e Scelta civica puntano almeno a ridurre il numero delle chiusure (in discussione ci sarebbero quelle dell’ 8 dicembre e del 6 gennaio) e soprattutto a non ridare ai Comuni e alle Regioni la possibilità di decidere deroghe, lasciando invece all’ imprenditore la scelta dei giorni di chiusura (fatte salve alcune festività obbligatorie). Una posizione che sembra aver trovato accoglienza da parte del ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi che ha detto: «Occorrono approcci equilibrati. Non sono contraria all’ introduzione a livello nazionale di un numero contenuto di giornate di chiusura obbligatoria. Alcune possono coincidere con le festività nazionali. Per le altre, lascerei comunque alle imprese la libertà di individuarle autonomamente sulla base delle proprie esigenze di offerta al pubblico». Del tutto d’ accordo si è detto il sottosegretario allo Sviluppo, Simona Vicari (Ncd) aggiungendo che «ritorni al passato servirebbero solo a deprimere ulteriormente il settore e non a rilanciarlo». «Per noi 12 giorni di chiusura sono un’ enormità – commenta per Federdistribuzione, l’ associazione delle grandi catene di super e ipermercati, Giovanni Cobolli Gigli -. Di certo la decisione su quando chiudere deve restare ai commercianti. Mi auguro che il Parlamento voglia seguire le indicazioni che sono giunte dall’ Unione Europea, con le raccomandazioni all’ Italia, e dall’ Antitrust nel senso di proseguire sul cammino della liberalizzazione che produce sviluppo».