Rebecchi invoca una tempestiva risoluzione della controversia Stato-Regione, consentendo l’attuazione della normativa nei tempi previsti
Lo scorso 16 Febbraio, Il Consiglio dei Ministri ha deliberato l’impugnazione della Legge 7/2018 di Regione Lombardia, che ha integrato il Testo unico del turismo regionale disponendo l’istituzione di un codice identificativo per agevolare i controlli sulle “locazioni turistiche”.
Secondo il Consiglio dei Ministri, «una norma riguardante le locazioni turistiche invade la competenza riservata allo Stato in materia di ordinamento civile». La normativa regionale regola però le locazioni turistiche già dal 2015, inquadrando queste attività nell’ambito delle strutture ricettive non alberghiere definite “case e appartamenti per vacanze”, per le quali stabilisce standard minimi di qualità e sicurezza a tutela del consumatore, nonché il pagamento dell’imposta di soggiorno, in analogia con quanto avviene per ogni altra struttura ricettiva.
Grazie alla norma impugnata, Regione Lombardia ha dato risposta a una pressante istanza di Confesercenti, che da tempo evidenzia i numeri da capo-giro sviluppati da un ambito della sharing economy che resta per massima parte sommerso, non solo per il fisco. La Legge 7/2018 specifica infatti che chiunque proponga al pubblico la sottoscrizione di un affitto turistico dovrà riportare – non oltre il prossimo Settembre – un apposito “codice identificativo di riferimento” (CIR), che consentirà di verificare in tempo reale se la struttura in questione è stata legittimamente avviata. Ciascun CIR sarà infatti abbinato alla Comunicazione d’inizio attività che ogni struttura di questo tipo è obbligata a inviare al Comune di competenza, così come la legislazione regionale prescrive dal 2015.
Gianni Rebecchi, presidente di Confesercenti-Lombardia, esprime perplessità sull’impugnativa, evidenziando l’urgenza di garantire il rispetto della normative vigente anche per queste strutture non imprenditoriali: «dato che la legislazione regionale disciplina le locazioni turistiche fin dal 2015, ci risulta difficile condividere le argomentazioni addotte dal Ministero, invocando l’invasione delle proprie competenze».
«Quello che è certo» continua Rebecchi «è che a fronte di un settore per cui si stimano 15.000 “host” nella sola Città di Milano, le attività legittimamente avviate sono una sparuta minoranza, con evidente danno non solo per gli operatori in regola e per le casse municipali, ma anche per i comuni cittadini, esposti a strutture fuori-norma nonché alla contrazione del mercato degli affitti ordinari». «Confidiamo che questa controversia sia risolta al più presto e che, in un modo o nell’altro, questo settore possa finalmente essere adeguatamente regolamentato».
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