Presidente, in Lombardia nel 2013 hanno chiuso per sempre i battenti migliaia di imprese del commercio e turismo, con la conseguente perdita di occupazione. Quali sono, secondo Lei, le misure da mettere subito in campo per sostenere ed incentivare il sistema delle imprese lombarde, ritrovare la strada della ripresa e fare da traino per l’intera economia nazionale?
Un dato su tutti mi ha colpito recentemente: secondo una classifica della competitività definita dalla Commissione Europea, la Lombardia è passata dall’81ma posizione nel ranking europeo del 2010 al 128mo posto nel 2013. La crisi, che dura da oltre 4 anni consecutivi conferma che anche in Lombardia, il modello di sviluppo che ci ha portati fin qui è finito e che il modello economico dominante ha perso la sua capacità di risposta: per anni abbiamo celebrato il mito delle piccole e medie imprese, l’imprenditorialità diffusa, ma sul piano delle risposte concrete si è continuato a fare una politica industriale centrata sul modello della grande impresa. Penso ad esempio alla recente riforma del mercato del lavoro. Il nostro mondo, il mondo della piccola impresa, nel denunciare questo ritardo della politica esprime contestualmente un estremo bisogno di un sistema di governo che rinnovi la propria attenzione ai territori, intesi come insieme di attori istituzionali, politici, associativi, sociali. Il Sistema delle pmi non ha bisogno di modelli di sviluppo fondati sulla crescita dimensionale, ma di essere accompagnato su asset strategici quali innovazione, internazionalizzazione, formazione e aggregazione: solo con questa impostazione la Lombardia può tornare a crescere ed essere uno dei motori d’Europa. Anche il mondo del commercio e del turismo, in particolare, hanno bisogno di nuove politiche: occorre sviluppare una rinnovata attenzione ai luoghi del commercio, affermare il tema dell’innovazione e delle reti d’impresa anche nei nostri comparti. Alla nuova amministrazione Lombarda abbiamo chiesto attenzione alle regole disciplinanti la programmazione urbanistica, un rinnovato impegno sui distretti del commercio: la massima competenza per giocare la carta EXPO 2015. Il 19 febbraio ci confrontiamo con Regione Lombardia negli Stati Generali del Patto per lo Sviluppo per la condivisione del “Programma d’azione 2014 dell’Accordo di Programma per lo Sviluppo economico e la Competitività del sistema lombardo” sulla base di una piattaforma messa a punto da rete imprese Lombardia puntuale concreta e realistica.
Il 2013 è stato l’anno nero dei consumi. In Italia il peso del fisco schiaccia le imprese ed erode il reddito delle famiglie, sottraendo risorse allo sviluppo. Per questo il 18 febbraio si svolgerà una grande mobilitazione delle imprese a Roma, una occasione storica. Cosa chiedono le imprese lombarde al Governo e alla politica?
In un quadro di crisi economica e finanziaria epocale nel quale la politica ha dato esempio di miopia e incapacità di produrre adeguate scelte mirate alla difesa dell’economia e delle nostre imprese, il sistema associativo nazionale e lombardo in particolare, deve dare un segnale forte per denunciare la propria delusione e indignazione verso un sistema che in questi anni ha perso legittimità nella rappresentanza del cosiddetto popolo delle partite iva; siamo sinceramente molto preoccupati che nell’immaginario collettivo la politica appaia sempre più un opaco ambito di incapacità e immoralità. Il sistema delle imprese è messo a dura prova da una crisi i cui temi conosciamo bene: una tassazione elevatissima, una macchina burocratica ingombrante e la stretta creditizia. La politica deve trovare risposte urgenti: non è più in gioco solo la ripresa economica o dei consumi, è a rischio la coesione sociale. Noi abbiamo già dato: non siamo più disposti a farci prendere in giro come è accaduto con l’aumento delle aliquote iva, peraltro generalmente direttamente assorbite dalle imprese e non riversate sui consumatori.
Vivo, personalmente, la manifestazione del 18 con la stessa aspettativa di quella del Capranica: credo che segnerà una svolta se non storica, decisiva e mi auguro che divenga un punto di non ritorno per poter affrontare con maggior determinazione le problematiche legate al futuro delle nostre imprese.
Il credit crunch sta uccidendo il tessuto imprenditoriale. Qual è il rapporto tra sistema bancario e imprese sul vostro territorio? E quale il ruolo dei confidi?
Anche in Lombardia la difficoltà di accesso al credito resta uno dei problemi più sentiti, forse il più drammatico, dalle piccole imprese che continuano a soffrire pesanti ostacoli nell’incasso di crediti commerciali: il credito e la carenza di liquidità sono ancora fattori così critici che contribuiscono (determinano purtroppo in troppi casi) a compromettere la continuità delle attività di molte imprese, facendole chiudere per sempre. Lo dico ormai senza fiato, consumato negli incontri, nelle discussioni e nelle rivendicazioni con le banche lombarde che, come quelle nazionali, sono ottusamente sorde e restie a finanziare le imprese. E’ necessario, in questa fase di crisi prolungata, favorire azioni mirate ad un ripensamento dei criteri di valutazione del merito creditizio e a politiche di sostegno e valorizzazione dei consorzi fidi del territorio. In Lombardia stiamo lavorando per un rafforzamento del fondo rischi dei Confidi vigilati di primo grado, per garantire loro maggiore capacità di erogare garanzie e più forza negoziale nei confronti degli istituti di credito e per la valorizzazione del ruolo di Federfidi, al fine di attivare le opportune controgaranzie agli affidamenti rilasciati dai Confidi, nella speranza che si liberino nuove risorse a favore delle imprese. Credo però che Rete Imprese Italia debba pretendere che le banche vengano valutate e vigilate non solo per la solidità patrimoniale ma per l’assolvimento del loro fine d’impresa: erogare finanziamenti alle imprese ed alle famiglie. Anche qui basta con la rassegnazione: a fronte di un costante, cospicuo rifinanziamento degli istituiti di credito prima con i fondi europei poi con la rivalutazione delle partecipazioni in Bankitalia non è corrisposta alcuna ripresa nella erogazione del credito alle imprese. E’ così difficile per il governo rendersi conto che siamo ormai al paradosso? Che è come se al pronto soccorso, di fronte ad un corpo dissanguato, anziché infondere trasfusioni al paziente venissero ipernutriti i medici?
Sul turismo, uno degli asset strategici del nostro Paese, le istituzioni tacciono e le aziende chiudono: oltre 1.800 imprese ricettive nel 2013, come documentato da un recente rapporto Asshotel-Confesercenti. Il settore turistico può essere un volano per spingerci finalmente fuori dalle secche della crisi. Puntando su quali interventi?
Come presidente nazionale di EBN, l’Ente bilaterale del turismo di Confesercenti penso che quando si parla del turismo come asset fondamentale dello sviluppo del nostro Paese, devo, purtroppo, denunciare il tempo perso in questi anni tra annunci, discussioni e azioni inconcludenti. Basta con la politica degli annunci: è giunto il tempo delle azioni concrete. Se il turismo è “fondamentale”, ma pare che ne siano convinti solo le imprese ed i lavoratori del settore, occorrono interventi forti per il suo rilancio, sul piano della governance nazionale, sul piano della fiscalità, della promozione e della destagionalizzazione, delle infrastrutture, non ultimi i trasporti pubblici e internet veloce.
Preciso che non bisogna inventare niente perché come Confesercenti da tempo abbiamo messo a punto un pacchetto di misure, già note anche al governo, che basterebbe applicare. Diversamente, “Destinazione Italia” diverrà sempre meno appetibile, sempre più sbiadita e lontana. Dobbiamo saper capitalizzare Expo 2015, non solo come volano per l’economia lombarda e nazionale, ma anche come sfida per intensificare e attivare nuovi processi di collaborazione tra istituzioni, sistema camerale, imprese del settore, in sostanza per realizzare il progetto “Destinazione Italia”.
Recentemente la Commissione Ue ha ricordato che la corruzione in Italia ‘vale’ circa 60 miliardi all’anno, pari a circa il 4% del Pil. I fenomeni criminali e l’illegalità rappresentano un grave danno per l’economia sana e legale, soprattutto nei momenti di crisi economica. Cosa fare per combattere l’infiltrazione criminale nell’attività d’impresa, il proliferare dell’usura, arginare i fenomeni di microcriminalità che mettono a repentaglio la sicurezza delle esercizi commerciali?
E’ vero che in molte zone d’Italia, anche al Nord, e non solo nelle regioni che storicamente si sono connotate per una pesante presenza della criminalità organizzata, l’economia legale del commercio è sotto pressione per la presenza di un’economia criminale mascherata, le cui finalità sono indirizzate al riciclaggio del denaro proveniente dalle attività illecite. Così come assistiamo ad una maggiore diffusione dei fenomeni legati all’usura, esaltata dalla crisi economica e dalla stretta creditizia. Inoltre, nelle nostre città si stanno verificando episodi di microcriminalità, che si sono moltiplicati proprio in questa difficile contesto economico e per certi versi facilitati dal processo di desertificazione che riguarda i centri storici non solo delle città ma ormai anche dei paesi più piccoli. E’ necessario, perciò, intervenire con maggior determinazione. I temi della sicurezza urbana e del contrasto alla microcriminalità non sono più rinviabili: le autorità competenti e le amministrazioni locali non possono rimandare interventi di prevenzione e di contrasto efficaci e che siano in grado di dare una risposta al malcontento sociale ed in particolare alla situazione, in taluni casi allarmante, vissuta dalle attività commerciali. Sono convintamente rispettoso delle istituzioni: mi auguro, come presidente regionale, di non dover dare la sveglia alle istituzioni perché facciano la loro parte con urgenza, attraverso una serrata delle attività commerciali e turistiche della Lombardia. Ma se servisse, sarei pronto. Non dobbiamo dimenticare, infine, che la corruzione è anche generata da un sistema burocratico da disboscare, e che si alimenta negli spazi di discrezionalità, nelle interpretazioni incerte, nelle lungaggini, spesso subìto o assecondato per superficialità o necessità. Il nostro Paese e la mia Regione per prima devono assumersi le proprie responsabilità: come è intollerabile alzare la saracinesca del negozio con la paura di essere rapinati, parimenti è intollerabile non avere regole certe. Le Associazioni possono svolgere un ruolo importante in questa direzione: per tutelare gli iscritti ma anche per diffondere ed affermare la cultura della legalità e l’affermazione dello Stato di Diritto innanzittutto presso i propri associati.