Consumi, inflazione e redditi
La ripresa dei consumi sarà più lenta di quella del Pil. Secondo le nostre stime, a fine 2022 saremo ancora 20 miliardi di euro sotto il livello dei consumi registrato nell’ultimo anno prima della crisi (2019) e il recupero completo arriverà solo nel 2023.
A pesare, la riduzione del reddito disponibile: a fine 2021, sarà inferiore di -512 euro a persona rispetto al 2019. Una situazione che spinge le famiglie all’incertezza e al risparmio precauzionale: secondo le nostre stime, gli italiani trattengono circa 40 miliardi di euro per prudenza. Un ulteriore ostacolo alla ripresa dei consumi è posto dall’incremento dell’inflazione: con gli attuali aumenti dei prezzi, stimiamo una riduzione di 4 miliardi di euro di consumi quest’anno e 5,5 miliardi nel 2022.
Lavoro
La riduzione del reddito è legata alla crisi del lavoro. Nel corso della pandemia hanno perso il lavoro 720mila occupati, e ne sono stati recuperati solo 340mila: meno della metà. A pesare soprattutto il crollo del lavoro indipendenti: sono 356mila le posizioni di lavoro autonomo cancellate dall’emergenza covid. L’incertezza creata dall’emergenza in alcuni settori ha ridotto anche il personale specializzato disponibile: nel turismo e nei pubblici esercizi ci sono circa 100mila posti di lavoro ‘vacanti’ per assenza di personale.
Ammortizzatori sociali
In questo quadro, sarebbe necessario ridurre il costo del lavoro. Purtroppo, però, fino ad ora è stato fatto il contrario: così come descritta in manovra, infatti, la riforma degli ammortizzatori sociali comporterà per il settore del commercio, turismo, servizi tecnici e magazzinaggio un incremento complessivo dei contributi di quasi 600 milioni euro, di cui 200 riferiti alle imprese fino ai 15 dipendenti. L’aumento medio complessivo per dipendente è di 90 euro.
Turismo
L’aumento dei contagi in Europa (e in Italia) potrebbe frenare il trend di ripresa del mercato. Eventuali nuove restrizioni, soprattutto nei Paesi tradizionalmente origine dei flussi turistici dell’Italia, potrebbero far mancare alle strutture ricettive circa un milione di pernottamenti e assestare un colpo imprevisto alla ripresa in atto.
Le stime CST per Confesercenti sui primi 10 mesi del 2021 confermano la ripartenza del mercato turistico, con decisi incrementi negli arrivi e nelle presenze. Aumenti che, tuttavia, non riescono a compensare la perdita rispetto allo stesso periodo dell’anno 2019 (pre-covid).
Nel periodo gennaio-ottobre 2021 le presenze dei clienti negli esercizi ricettivi dovrebbero essere aumentate del 22% rispetto all’anno precedente, per un totale di circa 246 milioni. Nel confronto col periodo pre-covid (gennaio-ottobre 2019), però, i dati rimarrebbero sempre negativi (-46% di arrivi, -39% di presenze), segno di una situazione di mercato ancora lontana dalla “normalità”.
Balneari
La riduzione della proroga stabilita dalla sentenza del consiglio di stato interessa circa 30mila concessioni. Un intervento che ha gettato nell’incertezza il settore balneare, che vale oltre il 30% del nostro turismo e dà lavoro a 300mila persone.
Concorrenza online e squilibri fiscali
Tra lockdown e restrizioni alle attività commerciali, la pandemia ha impresso un’accelerazione senza precedenti alle piattaforme di commercio online. Pur volendo essere prudenti, nel 2020-2021 possiamo stimare circa 28 miliardi di acquisti online, con una crescita strutturale intorno al +40%, a discapito delle altre forme di distribuzione.
Lo sviluppo del commercio elettronico pone una serie di problemi e richiedeva un intervento dei governi a livello normativo per garantire il mantenimento di condizioni di parità per tutti i concorrenti. Anche secondo l’Unione Europea, gli Stati membri hanno difficoltà ad incassare l’IVA dovuta sui beni venduti dai cosiddetti “centri di rifornimento”.
La recente decisione del G20 di pervenire ad una global minimum tax con aliquota del 15% da applicarsi alle aziende che realizzano sul web fatturati superiori ai 20 miliardi di euro costituisce innegabilmente un passo avanti, bisognerà però aspettare altri due anni per l’entrata in vigore e forse anche l’aliquota minima sia effettivamente solo un punto di partenza per creare condizioni di competizione più equa. Si consideri che secondo nostre stime, 1 miliardo di fatturato genera 49 milioni imposte sul reddito per un piccolo esercizio, 16,6 milioni nel caso di un grande esercizio commerciale e 10 milioni nel caso di un grande player multinazionale.