E incognite Tares ed Imu potrebbero spingerla al 45,8%. Diminuire il prelievo e inserire nella Costituzione un tetto all’eccesso di fisco
Il boom di pressione fiscale registrato dall’Istat nel secondo trimestre non sarà l’apice dell’anno: secondo le nostre previsioni, il 2013 si chiuderà con un’imposizione record, oltre il 45,3%. Una stima che sembra catastrofica, ma che è invece la conseguenza del mix tra il calo del nostro Pil e il corrispondente – ed anomalo – aumento del carico fiscale, frutto di politiche di bilancio troppo prodighe di balzelli ed avare di tagli alla spesa e agli sprechi.
Già sconfessato il DEF: nel II trimestre 2013 fisco +1,0% rispetto a previsioni del Governo
Il raffronto con lo stesso periodo del 2012 ci indica che già abbiamo accumulato un aumento del 1,3%: 1 punto percentuale in più rispetto a quanto previsto del Governo nel Def, che per l’intero 2013 stimava una crescita dello 0,3% soltanto. Ma altre imposizioni stanno arrivando a gettare benzina sul fuoco. L’aumento dell’IVA, innanzitutto, che colpirà i consumi degli ultimi tre mesi dell’anno. Ma ci sono anche le temibili incognite della Tares e dell’Imu, che potrebbero valere realisticamente un altro aggravio dello 0,4-0,5%. Il 2013 potrebbe chiudersi, quindi, con una pressione fiscale a livelli disastrosi, fino a raggiungere il 45,8%: 1,5 punti percentuali in più del già sconfortante 44,3% stimato dal governo.
Confesercenti: “Serve piano di rientro e tetto alla pressione fiscale”
“Già l’’invarianza della pressione fiscale oggi andrebbe considerata come una ‘stangata’ a carico di famiglie ed imprese”, spiega Confesercenti. “Se a questa aggiungiamo la crescita del fisco stimata per fine 2013, possiamo dire addio alla ripresa dell’economia, dell’occupazione, dei consumi e del sistema delle Pmi. La pressione fiscale non può continuare ad essere una variabile indipendente o, peggio, assecondare gli sprechi della spesa pubblica; e il fisco non può ignorare le esigenze dell’economia, fino al punto di rischiare di distruggere la stessa base imponibile con cui si alimenta. Da oltre vent’anni – era il 1992 – la pressione fiscale ha superato quota 40%, e non è mai scesa sotto tale soglia.
“Per questo”, continua la Confederazione, “chiediamo all’esecutivo un impegno per scongiurare ulteriori aumenti, che porterebbero alla catastrofe della nostra economia, e per definire un percorso di rientro: tagliare, nell’arco di un quinquennio, tre punti di pressione fiscale: uno sgravio nell’ordine di 0,6 punti di Pil l’anno (circa 36 miliardi in un quadriennio), innescherebbe un circolo virtuoso che finirebbe per coinvolgere tutti gli attori della nostra economia. Inoltre chiediamo l’introduzione nella Costituzione di un tetto alla pressione fiscale complessiva: si tratta dell’inevitabile adeguamento alla costituzionalizzazione del pareggio di bilancio ed è l’unico modo per evitare che il vincolo del pareggio si traduca in un ulteriore aumento di imposte. È la spesa pubblica che deve adeguarsi alle entrate e non viceversa”