Ottomila è il numero di imprenditori veneti del commercio, dell’artigianato, del turismo e dei servizi, che hanno partecipato martedì 18 febbraio alla manifestazione “Senza Impresa non c’è Italia. Riprendiamoci il futuro” indetta a Roma da Rete Imprese Italia. Una giornata storica di partecipazione, una grande mobilitazione di protesta ma soprattutto di proposta, che ha visto scendere in piazza 60.000 imprenditori. Presidente, cosa chiede il ceto produttivo veneto al prossimo governo?
Bisogna cambiare registro. Questo è quello che chiedono le imprese stremate dalla crisi. A partire dalla riforma fiscale: siamo tartassati dallo Stato con una pressione fiscale che per le nostre imprese tocca il 66% anche a causa di una tassazione locale senza limiti; occorre intervenire immediatamente sulla burocrazia che schiaccia le imprese ed i cittadini; bisogna ridurre il costo del lavoro per far ripartire le imprese ed intervenire sull’Iva, abbassandone l’aliquota, per rilanciare i consumi.
Il costo sociale dovuto alla chiusura di migliaia di piccole imprese, 1000 al giorno nel 2013, impone scelte immediate alla politica per rilanciare i consumi e rianimare la domanda interna. Il 2014 è iniziato, per il nostro Paese, con una stagnazione di fatto ed un rischio deflazione che non abbiamo lasciato ancora del tutto alle spalle: nonostante il perdurare della crisi, molte imprese ‘resistono’ sul mercato interno, comprimendo i costi e mantenendo i propri dipendenti. Quali sono le misure da mettere subito in campo per sostenere il sistema delle imprese?
Basta con il modello dell’austerità, bisogna rianimare la domanda interna, i consumi e gli investimenti. Occorrono interventi immediati per riavviare la crescita, attraverso un cambiamento di approccio che ha guidato finora le scelte di politica economica. Le famiglie italiane, negli anni della crisi, si sono adeguate a comportamenti di spesa frutto di un abbassamento, costante e ritenuto permanente, del proprio livello di reddito. E si sono trovate a rivedere abitudini di spesa e preferenze di acquisto non solo alla ricerca di risparmio, di convenienza ma anche di frugalità di consumo. Stretti dal calo del potere d’acquisto, si taglia lo stile di vita italiano: dalla spesa per vestiario ai consumi alimentari, mentre una quota sempre maggiore dei consumi si è indirizzata verso le cosiddette ‘spese obbligate’, dalle bollette a quelle per la casa. Bisogna riattivare il mercato interno, viceversa il Paese non ripartirà.
Le Pmi continuano ad avere forti difficoltà di accesso al credito. I consorzi fidi sul vostro territorio rappresentano uno strumento valido per finanziare le imprese, soprattutto in questa fase di crisi prolungata?
Assolutamente sì, malgrado le difficoltà. I finanziamenti bancari alle piccole imprese sono in costante diminuzione dalla fine del 2011: le imprese venete soffrono il credit crunch ed i nostri confidi, nonostante le difficoltà delle banche ad erogare finanziamenti alle imprese, svolgono una importante attività di prestazione di garanzie per agevolare le imprese nell’accesso ai finanziamenti, ma occorrono politiche di sostegno e valorizzazione dei consorzi fidi sul territorio per garantire loro maggiore capacità di erogare garanzie e più forza negoziale nei confronti degli istituti di credito.
I negozi di vicinato sono il cuore pulsante dei nostri centri storici, rappresentano non solo un valore economico ma anche sociale, contribuendo al miglioramento della qualità della vita urbana. Cosa occorre per sostenere il piccolo commercio veneto?
Serve un miglior dialogo tra gli operatori commerciali e gli enti di governo del territorio per una più efficace ed efficiente programmazione urbanistica, favorendo lo sviluppo dei distretti del commercio che rappresentano un fattore di integrazione, di coesione sociale e di valorizzazione di tutte le risorse di cui dispone un territorio, oltrechè rappresentare un elemento fondamentale dell’attrattività turistica dei centri storici delle nostre città.
Il mondo del turismo ha bisogno di politiche di rilancio: è un settore economico di importanza strategica per il ritorno alla crescita dell’Italia, genera il 5,4% del PIL nazionale ma si potrebbe fare di più e meglio. Puntando su quali interventi?
Il turismo ha potenzialità enormi nel nostro Paese, solo parzialmente sfruttate. La priorità è recuperare velocemente il tempo perduto che ci ha visto, negli ultimi anni, superare da molti altri Paesi. In tutto il mondo il turismo sta crescendo, mentre da noi rimane al palo. Le imprese della ricezione turistica sono soffocate da imposte e tariffe che sono diventate insostenibili. Occorrono, perciò, politiche mirate al rilancio del comparto, mettendo subito in campo misure a favore della stagionalità lunga e della promozione turistica integrata. Dovrà essere fatto ogni sforzo per sostenere le imprese turistiche, commerciali, e di servizio tra loro strettamente collegate che, tipicamente, sono piccole imprese.