Sulla questione cali interviene la Cassazione. Con una sentenza che da una lato mette certezza in una materia volutamente controversa e dall’altro apre nuovi spazi per la regolamentazione tra le parti.
Si sa che per i gestori anche ottenere il rimborso dei cali carburante è divenuto, nel corso del tempo, una questione complessa.
Abbiamo costantemente notizia di rimborsi semplicemente ignorati, molto spesso sviliti ad importi parziali. Accade sempre più di frequente, poi, che anche le comunicazioni cali formalmente denunciati secondo le procedure richieste dalle singole Compagnie, vengano opposti in sede negoziali secondo le più varie ed a volte fantasiose motivazioni. L’obiettivo è sempre lo stesso, decurtare il dovuto, contrattare al ribasso il rimborso cali. Inventando di sana pianta passaggi procedurali, invocando tempi scaduti, timbri mancanti.
Ancora, con il passaggio di molti impianti a retisti, abbiamo più volte assistito a rifiuti dei rimborsi dei cali perchè il nuovo titolare del contratto si dichiara non firmatario degli accordi interprofessionali e se ne ritiene, quindi, svincolato. Oltre ad altri soggetti che ritengono di doversi sottrarre al dovere di negoziare – secondo quanto previsto dalle normative speciali di settore – per conseguire indebiti vantaggi competitivi.
La suprema Corte è dunque intervenuta solo pochi giorni fa, esattamente il 6 giugno, con la Sentenza della 2^ Sezione Civile della Corte di Cassazione n° 14004, per stabilire un sacrosanto principio di diritto al rimborso che non può essere negato, anche perché – si può aggiungere – si tratta di restituzione di somme anticipate per quantitativi di carburanti non erogati.
Tale Sentenza, intervenuta in una controversia tra un gestore e la Tamoil, ha riconosciuto, dunque, un principio importantissimo: il rimborso dei cali non nasce dalla adesione ad Associazioni di Categoria firmatarie di Accordi Collettivi di Settori, ma è legato in via diretta ad un fenomeno fisico, noto e misurabile, di talchè è il fondamento stesso del rapporto sinallagmatico, di scambio reciproco nella compravendita di carburante, a dover essere tutelato ed a prescindere da accordi tra le parti. Gli accordi dunque aiutano a regolamentare meglio e con certezza la materia, che si basa su un diritto indiscutibile, che non può essere negato.
Nella sentenza si legge, infatti: “se il calo carburanti costituisce fenomeno fisico attraverso il quale viene a variare, a parità di quantitativo di sostanza somministrata, condizionata dalle situazioni atmosferiche, l’ammontare del liquido, perciò stesso non si tratta di una regola negoziale inserita nei contratti collettivi stipulati tra le Rappresentanze di Categoria, ma di un meccanismo di adeguamento che consente di non rendere aleatorio il prezzo da corrispondere, o se si vuole, non mutando la sostanza dell’argomento, il quantitativo da pagare”.
Se, quindi, il diritto all’eventuale rimborso a titolo di calo carburanti non può essere negato, per la Sentenza della Suprema Corte “ove sussistano i dati e le misure pertinenti, se del caso attraverso l’opera di un CTU, il diritto all’eventuale rimborso a titolo di cali non può essere negato, senza che rilevi la mancata adesione ad alcuna delle Associazioni di Categoria”.
Una Sentenza finalmente lineare, oggettivamente di aiuto alla Categoria che suona da un lato come un incentivo alla regolamentazione della materia tra le parti e dall’altro come monito ai furbetti del quartierino a non inscenare troppa burocrazia per limitare diritti.
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