Lettera del Direttore, Lorella Bianchetto Buccia, in occasione della festa delle donne.
Partiamo dal presupposto che in questo mondo ognuno dovrebbe cercare di fare bene la propria parte e quindi, senza nessuna presunzione, senza voler criticare a prescindere, ma con l’intento di fare riflettere e possibilmente invitare chi è incaricato a legiferare in materia, da rappresentanti delle donne imprenditrici, titolari, coadiuvanti, socie di piccole imprese commerciali, vorremmo portare all’attenzione, in questo particolare momento, nel quale “giustamente” si fa un gran parlare di diritti civili, un tema tutto femminile che ci sta a cuore e che comporta disparità di trattamento e mancanza di pari opportunità per le lavoratrici autonome: la maternità.
Quando inizia una gravidanza, la lavoratrice dipendente, in caso di problemi di gestazione, ha giustamente diritto ad astenersi dal lavoro fin dai primi mesi con l’indennità pagata dall’INPS e anche quando gode di buona salute, per alcuni lavori ritenuti pericolosi è comunque prevista l’astensione anticipata dal lavoro, con relativa indennità a carico dell’INPS.
Quando invece è la lavoratrice titolare a trovarsi in gravidanza, per lei purtroppo non c’ è alcuna tutela né tanto meno nessuna indennità e non sono nemmeno previsti aiuti per eventuali assunzioni di personale in sostituzione. Le lavoratrici autonome hanno solamente diritto ad un’indennità per cinque mesi, due prima e tre dopo il parto, ma negli stessi mesi devono continuare a pagare i contributi all’INPS (300,00 euro al mese). Non è previsto che si astengano dal lavoro e per assurdo potrebbero anche lavorare il giorno del parto! Trascorsi i primi tre mesi dalla nascita, possono poi astenersi altri tre mesi (congedo parentale o maternità facoltativa) subito, o comunque entro il primo anno di vita del bambino e, in questo caso, a fronte di una indennità ridotta, possono non pagare i contributi che saranno figurativi e assolti dallo Stato, ma non devono assolutamente farsi trovare al lavoro! ( sempre senza alcun aiuto per farsi sostituire). Da sempre non spettano gli assegni familiari, salvo che il reddito del nucleo familiare non sia almeno composto per il 70% da reddito di lavoro dipendente.
La legge di stabilità 2016, ha ora previsto che anche le lavoratrici autonome, come già le dipendenti, abbiano diritto ai voucher per pagare i servizi di babysitting o asilo, ma solo quando le madri, non godano del periodo di concedo parentale (maternità facoltativa dopo i tre mesi dal parto). Siamo però in attesa di un decreto ministeriale che indichi le modalità di accesso per la richiesta dei voucher, di cui però, ne avranno diritto solamente per metà dell’importo, rispetto alle lavoratrici dipendenti ( 3600,00 euro per le dipendenti – 1800,00 euro per le autonome!)
Quali sono le ragioni di queste disparità di trattamento? Si dovrebbe tenere conto che le donne tante volte diventano imprenditrici proprio perché diversamente sarebbero disoccupate.
Ci troviamo quotidianamente al fianco di donne che in fase di inizio attività, ci chiedono di conoscere gli aiuti per l’imprenditoria femminile, dei quali ci si riempie tanto la bocca ma che poi concretamente non ci sono. Le donne che riescono a far partire la loro attività, lo fanno con risorse proprie, con l’aiuto delle loro famiglie e con una mole di lavoro incommensurabile.
Quindi, donne addette ai lavori, come noi che lavoriamo in Confesercenti, donne che lavorate negli Istituti di previdenza e negli Enti pubblici e che vedete queste disparità di trattamento, aiutateci ad aprire un dibattito che con le donne elette, alle quali indirizziamo questa nostra, porti a legiferare in materia e a permettere pari diritti e pari opportunità per tutte!
Auguri a tutte.
Lorella Bianchetto Buccia