I recenti suicidi degli imprenditori che hanno colpito le Comunità di Lipari e Messina hanno anche gettato nello sconforto gli operatori economici dell’intero Comprensorio provinciale. Ogni giorno la Camera di Commercio di Messina registra la chiusura di attività economiche. Le cartelle esattoriali aumentano mentre i consumi sono quanto mai asfittici. Su questo campo di battaglia i commercianti, gli artigiani, gli operatori del turismo e tutto il mondo del lavoro autonomo, nell’ultimo anno hanno dovuto subire anche l’aggressione dei tributi locali. La gran parte dei Comuni della provincia di Messina ha applicato il massimo delle aliquote impositive previste dalle varie leggi istitutive di tali tributi. I commercianti e gli artigiani messinesi lamentano aumenti dell’Imu sui negozi, sui laboratori e sui capannoni di proprietà fino allo 1,06%.
Mentre i Comuni – se avessero voluto – avrebbero potuto ridurre tale imposta fino allo 0,46%. Gli albergatori non solo hanno subito nell’ultimo anno l’aumento del moltiplicatore Imu della rendita catastale da 55 a 65 ( +18%) ma addirittura sono rimasti l’unica categoria che ancora dovrà continuare a pagare l’Imu allo Stato ( 0,76% non comprimibile). Mentre i Comuni potranno aumentare l’Imu sugli alberghi – addirittura- fino al 3%. All’Imu vanno aggiunti i pazzeschi aumenti della tassa per l’occupazione del suolo pubblico. Basti pensare che il Comune di Messina fa pagare più di quanto il Comune di Roma chieda ai commercianti con vista sul Colosseo o su San Pietro. Ed ancora non sono ben chiari i numeri della Tares, nuovo nome, dal 2013, della tassa sulla raccolta dei rifiuti, che da quest’anno dovrà prevedere la copertura totale dei costi del servizio. Nessun Comune ha pensato bene di tentare la riduzione dei costi del servizio di raccolta, né sono state avviate significative campagne per la sensibilizzazione della raccolta differenziata, né trovate soluzioni per la riduzione dei costi di compostaggio e di smaltimento. Gli imprenditori messinesi, ma anche quelli delle restanti province siciliane, subiscono dalla Regione Siciliana la tassa fissa sui redditi dell’1,73%, la più alta tra le regioni con deficit sanitari non fuori controllo. I lombardi, i veneti, i piementesi, ma anche i sardi e tanti altri pagano invece l’1,23%. All’addizionale regionale si aggiunge anche quella Comunale che può arrivare fino all’0,8% sui redditi. Il Comune di Firenze lo scorso anno ha diminuito l’aliquota dallo 0,3 allo 0,2%. I Comuni siciliani sono quasi tutti allo 0,8%. E’ arrivato il momento da parte dei Comuni della provincia di Messina di intervenire in aiuto alle imprese, riducendo al minimo tutte le aliquote impositive previste dalle leggi vigenti. I Consigli Comunali hanno competenza esclusiva in materia di tributi e tasse. Per questo oltre che ai Sindaci indirizziamo questa nostra richiesta ai Presidenti dei Consigli Comunali. Questi ultimi – se volessero – potrebbero diminuire i tributi e le tasse locali in qualsiasi momento e con effetto immediato. Aiutare gli imprenditori e le imprese oggi significa voler continuare a credere al futuro delle nostre Comunità cittadine, dove chi produce con la propria attività anima le strade a tutti gli orari, svolgendo un ruolo determinante. L’alternativa è la desertificazione delle Città. Per tali gravi motivi, Confesercenti della provincia di Messina, chiede un incontro ai sindaci della provincia con carattere d’urgenza al fine di focalizzare gli interventi da adottare entro l’approvazione del bilancio comunale. In assenza di riscontri positivi, avendone già ricevuto mandato dagli associati, la Confesercenti porrà in essere incisive azioni di protesta.
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