L’Associazione: “C’è bisogno di un deciso cambio di passo per attuare una strategia chiara e definita che supporti le imprese con ben altri interventi”
Una serie di misure che spaziano dai contributi a fondo perduto per le partite iva a interventi su fisco, sanità e welfare. Il premier ha anche esplicitato che questo è un intervento parziale che sarà corretto e implementato con un nuovo scostamento ad aprile.
Noi lo speriamo caldamente perché il decreto, ancorché positivo, è comunque ampiamente insufficiente per “sostenere” concretamente le imprese e i professionisti, soprattutto in territori disagiati come il nostro, che sono ormai allo stremo.
È di qualche giorno fa il grido d’allarme lanciato dal procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho che ha denunciato i maggiori rischi di infiltrazione mafiosa nel tessuto economico per la devastante crisi indotta dalla Pandemia.
Rischi concreti dato che, a fronte delle limitazioni ancora vigenti imposte dalla terza ondata di contagi, perdurano ancora ritardi e incertezze che rendono le imprese, sempre più bisognose di liquidità, facili prede di chi è disponibile a fornirgliela tramite fiumi di denaro provenienti da attività illecite.
Purtroppo conosciamo bene le dinamiche successive: una volta che questo flusso di denaro sporco entra nel circuito economico legale lo inquina condizionando pesantemente gli imprenditori esposti che, se non riescono a pagare il debito gravato d’interessi da strozzinaggio, sono costretti a cedere le loro aziende alla criminalità organizzata.
Anche per tale motivo, soprattutto nei territori a maggior rischio di permeabilità come il nostro, si deve fare di più, molto di più, e molto più velocemente.
Ad esempio, per quanto riguarda i contributi a fondo perduto nell’attuale decreto, sono stati stanziati 11 miliardi che vanno ad aggiungersi ai circa 10 concessi precedentemente dal Governo Conte. 22 miliardi di liquidità immessi in un sistema che in 12 mesi ha visto una contrazione di consumi pari 137 miliardi. Una goccia nel mare.
Per essere ulteriormente chiari, un’attività con un fatturato di 100mila euro che ha avuto una perdita nel 2020 di 40mila euro rispetto l’anno precedente si vedrà, con le misure emanate, corrispondere un sostegno di 2mila euro.
A nostro parere non può continuare ad essere questa la strada da seguire. Non saranno certo gli insufficienti contributi una tantum come quelli previsti o lo stralcio delle cartelle fino a 5mila euro del periodo 2000/2010 per chi non supera un reddito di 30mila euro – operazione questa molto più utile allo Stato per togliersi dalla pancia crediti per la gran parte inesigibili che all’economia reale – o la prosecuzione della cassa integrazione che riconosce non più del 60% degli stipendi e viene erogata con ritardi intollerabili, a risollevare le sorti del tessuto economico italiano.
C’è bisogno invece di un deciso cambio di passo per attuare una strategia chiara e definita che supporti le imprese con ben altri interventi, alcuni dei quali calibrati specificatamente per quelle che operano nelle regioni più deboli, così da consentire di programmare una ripartenza reale evitando il collasso del sistema che, soprattutto nel meridione, non porterebbe solo ad una devastazione economica e sociale inimmaginabile, ma servirebbe su un piatto d’argento nuove opportunità alle mafie vanificando gran parte dell’ottimo lavoro di contrasto e repressione fin qui svolto dallo Stato.