Confesercenti Torino: anche in Piemonte le stazioni aderiranno alla protesta nazionale

Nettis: “Siamo benzinai o contabili? Ogni giorno due ore di lavoro in più”, mercoledì e giovedì categoria in sciopero

Anche i benzinai di Torino e del Piemonte chiuderanno le loro stazioni di servizio per lo sciopero nazionale della categoria proclamato dalle principali sigle sindacali: l’astensione dal lavoro inizierà alle 6 di mercoledì 6 novembre, si concluderà alle 6 di venerdì 8 novembre e coinvolgerà sia gli impianti stradali che quelli autostradali, compresi notturni e self-service.

La protesta riguarda prima di tutto i troppi adempimenti fiscali che si sono aggiunti e si aggiungeranno ai tanti già esistenti: dalla fatturazione elettronica, ai Registratori di cassa Telematici (anche per fatturati minimi), all’introduzione di Documenti di Trasporto (Das) e modalità di Registrazione giornaliera in formato elettronico, all’invio dei corrispettivi giornalieri in formato elettronico.

“C’è da chiedersi – dice Gianni Nettis, presidente di Faib, la federazione dei benzinai aderente a Confesercenti – se il governo, addossandoci tutti questi nuovi adempimenti, voglia trasformarci in contabili o in finanzieri, visto che di tali adempimenti rispondiamo anche dal punto di vista penale. Abbiamo calcolato che, per seguire tutte queste novità, un benzinaio impieghi quasi due ore di lavoro in più al giorno. E magari il suo sforzo servisse a combattere l’illegalità del settore: non è così e il governo lo sa benissimo, visto che le stesse informazioni che ci chiede non sono altro che duplicazioni reperibili nella filiera della distribuzione carburanti.

“L’unica cosa che non aumenta sono i nostri margini, fermi da anni a 3/5 centesimi al litro a seconda delle modalità di servizio e a fronte di un erogato medio per impianto che diminuisce ormai da un decennio. Senza contare, infine, che una parte significativa dei colleghi aspetta da tempo il rinnovo degli accordi economici con le compagnie petrolifere: verso le quali, evidentemente, l’atteggiamento del governo è alquanto più morbido, rispetto a quello che ha verso di noi.

“In questa situazione – conclude Nettis – non potevamo che lanciare, attraverso lo sciopero, un segnale forte al governo e alla politica: o si cambia o è messa in pericolo la sopravvivenza stessa di tantissime imprese. Per limitarci alla sola città di Torino, oggi siamo poco meno di 170 contro i poco più di 250 di 10 anni fa: un calo di oltre il 30%”.

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