Confesercenti Torino, la stima per il primo trimestre 2021: ancora una volta le più colpite sono le attività di vendita, della somministrazione e del turismo

L’Associazione: “Con il prolungamento delle restrizioni consumi giù per oltre un miliardo in Piemonte. Basta con i Ristori ‘a puntate’, serve un piano di ampio respiro per sostenere le imprese del terziario”

Il 2021 parte male per i consumi in Piemonte: il prolungamento (anzi, il probabile inasprimento rispetto alla zona gialla di questi giorni) delle restrizioni farà registrare nel primo trimestre di quest’anno un calo dei consumi di 1,2 miliardi di euro rispetto al primo trimestre del 2020. È questa la stima di Confesercenti Piemonte in vista dei provvedimenti del governo che saranno in vigore da sabato prossimo. Si tratta di un ulteriore durissimo colpo a un sistema già profondamente provato: nel 2020 a causa della pandemia, infatti, la spesa dei piemontesi si era già ridotta di 8,4 miliardi.

A pagarne lo scotto sono soprattutto le imprese del commercio – negozi, mercati, bar, ristoranti e attività di somministrazione in genere, turismo – che sono state le più colpite, con una diminuzione media del valore aggiunto del 16,5%, a fronte del -9,5% registrato dagli altri settori dell’economia regionale. Un problema per la crescita, visto che si riduce fortemente la quota di Pil generata in Piemonte da questi comparti: si passa dal 6,4 al 4,3% del Pil per “Alberghi e pubblici esercizi”; dal 4,1 al 3,3% per “Ricreazione e cultura”; dal 3,8 al 2,9% per “Abbigliamento”.

La caduta dei consumi è determinata non solo dalle restrizioni, ma anche dalla grande prudenza, in termini di propensione alla spesa, con cui le famiglie stanno affrontando l’emergenza Pesa inoltre l’incertezza generata dal susseguirsi continuo di nuovi provvedimenti.

“Il forte rallentamento dei consumi – dice Giancarlo Banchieri, presidente di Confesercenti Piemonte – ha gettato le imprese del terziario in una crisi senza precedenti. I prossimi mesi rischiano di vedere aumentare drammaticamente il numero di cessazioni delle attività, in particolare quelle di prossimità e legate alla filiera turistica. Il Recovery Plan si occupa di molte cose ma non prevede interventi diretti per commercio, alloggio e ristorazione, per i quali il piano genererebbe ricadute positive solo sul medio lungo periodo. Purtroppo, però, c’è un problema immediato di tenuta del sistema imprenditoriale, ormai sfiancato da quasi un anno di emergenza Covid.

“Per questo – prosegue Banchieri – si deve cambiare passo sulle politiche di sostegno. Bisogna superare il criterio di scelta in base al codice Ateco, che è stato un fallimento e ha lasciato fuori troppe imprese; basta anche con i ristori ‘a puntate’. Serve invece un intervento di ampio respiro, con più risorse e un cronoprogramma chiaro, per dare alle attività la certezza di risorse sufficienti a portarle oltre la fine dell’emergenza sanitaria: un intervento che deve affrontare anche il nodo dei costi fissi, dagli affitti alle utenze, e quello del rilancio del tessuto imprenditoriale, prevedendo anche misure per la ricollocazione e la riconversione intelligente delle attività”.

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