Tra effetto Covid-19 e chiusure domenicali e festive da ora a fine anno perderemo 150 milioni di consumi, a rischio oltre 2.000 posti di lavoro
“La legge provinciale che prevede la chiusura dei punti vendita nelle domeniche e nei giorni festivi rappresenta un grave danno economico per le imprese, un disservizio per i consumatori e un forte freno alla ripresa per il territorio” dichiarano unite Confcommercio Imprese per l’Italia – Trentino, Confesercenti del Trentino, Federdistribuzione, Ancc-Coop, Ancd-Conad, le associazioni del commercio maggiormente rappresentative della Provincia.
Per questa ragione le medesime associazioni presentano un esposto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, affinchè quest’ultima promuova la questione della legittimità costituzionale della norma dinanzi alla Corte Costituzionale. La materia relativa agli orari di apertura dei negozi è infatti attinente alla promozione e tutela della concorrenza, e in quanto tale di pertinenza statale.
E’ inconcepibile come una simile iniziativa sia presa in un momento di così grave difficoltà per l’economia del territorio e per il commercio.
Siamo di fronte a un quadro estremamente allarmante per quanto riguarda i consumi, con cali prevedibili nel 2020 per i prodotti non alimentari del 35%. Se a questo aggiungiamo l’effetto delle chiusure domenicali e festive nei soli 6 mesi finali del 2020 possiamo stimare una riduzione dei consumi pari a 150 milioni, oltre a rischi occupazionali per oltre 2000 persone e centinaia di negozi che potrebbero cessare l’attività.
Per tornare alla normalità i consumatori hanno bisogno di certezze e di opportunità. L’attuale clima di preoccupazione sul futuro sta limitando gli acquisti ai prodotti essenziali, procrastinando quelli rinviabili e accumulando risparmi. Chiudere la domenica e i giorni festivi la gran parte dei 5.400 punti vendita (sono esclusi quelli localizzati nei comuni turistici) che operano nella Provincia Autonoma di Trento significa togliere gli stimoli e le opportunità di cui invece ci sarebbe bisogno. Comporterà inoltre uno spostamento di persone dalla provincia di Trento in atre province nelle quali le restrizioni sulle aperture dei negozi non sono in vigore, e rappresenterà un ulteriore vantaggio per l’e-commerce, una modalità d’acquisto sempre più rilevante per i consumatori, anche a seguito dell’emergenza Coronavirus.
Siamo agli inizi di una stagione estiva che si preannuncia anch’essa critica dal punto di vista della presenza dei turisti stranieri e con molte famiglie italiane costrette a rinunciare alle vacanze a causa della riduzione dei redditi. In questo quadro occorre dare il massimo livello di servizio e di accoglienza. La decisione di chiudere i negozi nelle domeniche e nei giorni festivi si muove dunque in direzione contraria alle reali necessità di un territorio che avrebbe tutte le potenzialità per ripartire e che viene invece frenato da provvedimenti inopportuni.
Risulta incomprensibile la suddivisione del Trentino in comuni ad alta intensità turistica, con la penalizzazione di Trento, di Rovereto e di molti altri comuni. E’ stato dichiarato, anche in occasione del dibattito sulla riforma della promozione turistica, che il turista non riconosce confini amministrativi: quindi, coerentemente, tutto il territorio del Trentino andrebbe confermato a valenza turistica. Sotto l’aspetto del metodo, ci corre l’obbligo di chiedere un maggior ascolto da parte degli Amministratori provinciali. Non ci pare produttivo chiudere la porta ad ogni ragionamento rimandando il tutto ad una verifica successiva.