Il Presidente Gatti: “un progetto di riforma che parta da una riduzione dell’insostenibile pressione fiscale che penalizza la ricettività romana, rispetto a quella di altre grandi città del mondo”.
Assohotel Roma, l’associazione degli imprenditori d’albergo, analizza le misure di aiuto messe in campo dal governo. Il Presidente Francesco Gatti dichiara: “Il decreto liquidità per il sostegno alle imprese, approvato in questi giorni, va nella giusta direzione ma gli hotel di Roma rischiano ugualmente di morire senza un grande progetto di riforma, che parta da una riduzione dell’insostenibile pressione fiscale, che penalizza fortemente la ricettività della capitale rispetto a quella di tutte le altre grandi città del mondo”.
L’associazione degli imprenditori alberghieri della Confesercenti, scrive una lettera aperta alla sindaca Virginia Raggi e al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. Serve un “patto d’onore” tra imprenditori del settore ricettivo e istituzioni locali, in grado di rivitalizzare un comparto, come quello alberghiero, strategico per la nostra economia e annientato dalla pandemia del Covid 19: dagli aspetti più strettamente finanziari – dice Gatti – a quelli riguardanti tasse e imposte varie ma anche organizzazione del lavoro,costi e aggiornamento del personale, promozione e pubblicità, accordi con altre nazioni e organismi internazionali. “Una volta passata la fase acuta dell’emergenza coronavirus” – mette in guardia il presidente di Assohotel Roma – “si ripartirà da ricavi azzerati, impossibilità di pianificare qualsiasi progetto commerciale, nuovi consistenti debiti, seppur con finanziamenti estremamente vantaggiosi, in un contesto che nessuno è ora in grado di delineare con piani e programmi, anche economici, che non potranno più fare riferimento ad alcun precedente consolidato”.
Per questo Gatti chiede un immediato intervento sulle tariffe degli hotel, zavorrate da imposte, che le rendono tra le meno competitive in Europa, per una camera doppia in albergo a 4 stelle la tassa di soggiorno, a Roma, è di 12 euro al giorno rispetto ai 5,76 di Parigi, i 2,42 euro di Barcellona, l’1,60 di Praga fino alla scelta dell’amministrazione di Londra di azzerare completamente l’imposta. Altra nota dolente riguarda la promozione turistica della “città eterna”: il sito dedicato, a cura del Comune, solo per fare un esempio, è in cinque lingue, rispetto alle quindici di Barcellona e alle dieci di Parigi.
Contenuti, indicizzazione, uso dei social network restano punti deboli finora irrisolti. Il proliferare di strutture extra alberghiere, di bed and breakfast, spesso non censiti, rappresenta un ulteriore elemento di criticità in uno scenario di crisi. E’ un quadro drammatico, da “the day after”, che impone un ripensamento complessivo.
“Quando si ripartirà, nulla sarà come prima è il refrain di questi giorni ma” – ammonisce il presidente di Assohotel Roma – “se tutto, invece, dovesse ripresentarsi immutabile sul fronte fiscale e nei rapporti, in molti casi macchinosi, con la burocrazia cittadina, il comparto alberghiero romano rischia il corto circuito, seppellito dai tanti balzelli dell’erario che vanno ad aggiungersi alle accise tradizionali come Tari, Tasi, Tosap, Irap, Ires, addizionali regionali e comunali e tante altre”.
E mentre il governo con la cosiddetta “Golden power” blinda il controllo delle imprese strategiche italiane, quale sarà il futuro del settore alberghiero? Gatti non ha dubbi: “senza una piena presa di coscienza delle Amministrazioni locali, senza un piano di rilancio, che metta i nostri imprenditori in grado di competere ad armi pari con la concorrenza internazionale, i nuovi finanziamenti a debito copriranno solo provvisoriamente i danni subiti dagli effetti della pandemia, i fallimenti cominceranno a susseguirsi a catena con la perdita di migliaia di posti di lavoro e compagnie estere verrebbero a fare shopping a basso costo delle nostre strutture, trasferendo gran parte di addetti e servizi fuori dall’Italia”.