Ddl Lettura fermo al Senato, Giussani: “A chi serve che le librerie chiudano?”

La Presidente del Sil Confesercenti intervistata da AgCult


La legge sulla lettura e sul libro non è stata inserita, al momento, nella convocazione della Commissione Cultura del Senato dove è ferma da metà luglio dopo essere stata approvata quasi all’unanimità e senza nessun voto contrario alla Camera dei deputati. Appare sempre più inevitabile che l’approvazione della legge slitti al 2020, il che comporterà (come minimo) una serie di piccole correzioni tecniche che costringeranno il provvedimento a tornare nuovamente a Montecitorio. Questo scenario ha già fatto scaldare gli animi degli editori indipendenti che sono tra i principali sostenitori di questa legge. Ora è il turno dei piccoli librai che in questa misura vedono una boccata di ossigeno per aziende che di certo non attraversano una congiuntura favorevole. Il Sindacato dei Librai (Confesercenti) teme che un ritardo nell’approvazione del provvedimento possa aprire le porte a modifiche più profonde all’impianto normativo – se non addirittura comprometterlo – e si chiede: “A chi serve che le librerie chiudano?”.

La legge sulla lettura e il libro, “non passerà al Senato quest’anno, rimettendola di fatto in discussione”, dice ad AgCult Cristina Giussani, presidente del SIL. E Giussani non è tenera neanche nei confronti del ministro Dario Franceschini, colpevole – a suo dire – di non sostenere a dovere la legge. “Il Ministro ha dichiarato che si rimette al volere dei parlamentari: dobbiamo forse ricordargli che la Camera si è espressa a luglio in maniera chiara? Tutti i partiti hanno votato la legge, fatto salvo l’astensione di FI? E’ chiaro che una dichiarazione del Ministro della Cultura influisce sul calendario dei lavori al Senato”.

L’ITALIA COME L’INGHILTERRA?
E non solo: “Quando il Ministro dice che non tutti sono d’accordo – prosegue Giussani -, i librai sanno bene chi non è d’accordo: sono i grandi gruppi editoriali che da 5 anni disertano tutte le possibili riunioni a cui sono sempre stati invitati per parlare del mercato del libro e del suo futuro. A questi grandi gruppi e al Ministro Franceschini chiediamo: a chi serve che le librerie chiudano? Ma lo sanno che il valore culturale ed economico di una libreria che chiude si perde e viene solo in minima parte acquisito da altri? Se poi questi altri sono i grandi player on-line, a chi serve tutto questo? Se si vuole che l’Italia diventi come l’Inghilterra dove la vendita dei libri è ormai oligopolio della vendita on-line e di una catena di libreria, diciamolo chiaro e chiudiamo una volta per tutte l’agonia delle librerie indipendenti che cercano faticosamente di resistere”.

IL COMPROMESSO
La proposta di legge sulla lettura e il libro, come tutte le leggi, è già un compromesso. “Se avessimo chiesto ai librai indipendenti i loro desiderata, sarebbe stata ancora più restrittiva – spiega la presidente del SIL -. Ma abbiamo accettato il compromesso e consideriamo quanto introdotto un grande passo avanti verso una legge che ci avvicina a quanto già legiferato nella maggior parte dei paesi europei, paesi con tassi di lettura a livelli doppi rispetto a quelli italiani, a dimostrazione che la riduzione dello sconto non diminuisce i lettori, anzi li accresce, grazie al lavoro incessante e capillare dei librai in tutti i territori”.

IL TEMPO PERSO
“In questi anni abbiamo affrontato ostacoli enormi: prima ci è stata chiesta una convergenza unanime di tutta la filiera, poi una legge ampia che non parlasse solo di questioni economiche. Si è perso molto tempo su un tema che invece è strategico, di rilevanza nazionale e che forse avrebbe anche meritato una decretazione d’urgenza. Dopo anni di discussioni, siamo arrivati ad una legge che da un lato punta all’indispensabile promozione della lettura e dall’altro punta a riallineare la concorrenza fra i piccoli indipendenti e le catene. Per il nostro Sindacato Librai resta un’anomalia tutta italiana il fatto che  alcuni gruppi editoriali, posseggano anche società di distribuzione, catene di librerie, portali di vendita on-line”.

GLI SCONTI
Quando l’editore vende nella sua libreria i propri titoli, chiarisce Giussani, “ha una marginalità molto più elevata, quasi doppia, rispetto alla libreria che acquista dal distributore. Su questa alta marginalità è facile “giocare” con gli sconti, è facile poter vendere con lo sconto del 15% fin dal primo giorno di pubblicazione, ma tutto questo è impossibile per il libraio indipendente. Spesso i clienti fanno il confronto, si stupiscono che la libreria non possa fare lo stesso, vanno ad acquistare dove è più conveniente, senza capire le dinamiche di un mercato inquinato da una concorrenza falsata dall’essere proprietari di tutta la filiera. Senza capire che così le librerie chiudono, con gran spargimento di lacrime di coccodrillo”.

“La parte economica della legge, scritta col contributo di tutti i partiti, già passata alla Camera, votata da tutti i partiti e in arrivo al Senato, vuole riallineare la concorrenza e dare un contributo alla sopravvivenza delle librerie indipendenti, considerandole presidi indispensabili per la promozione della lettura nei territori e, soprattutto, con la volontà di garantire al maggior numero di cittadini possibile di avere una libreria vicino a casa. Noi la definiamo democrazia culturale e geografica. Ci sembra fondamentale per un paese che guarda avanti e vuole progredire”.

I PARTITI FAVOREVOLI ALLA LEGGE
E, sottolinea Giussani, “ricordiamo a chi oggi di nuovo vorrebbe ridiscutere quel punto, i partiti si sono già espressi ed anzi, ognuno, nelle proposte presentate aveva la riduzione dello sconto. Sono considerazioni già espresse molte volte dal nostro Sindacato e in fondo dispiace di ritrovarsi a doverle ripetere continuamente e ancor di più dispiace di veder arrivare la fine dell’anno senza il passaggio al Senato della legge. Dispiace la mancanza di volontà nel voler chiudere questo passaggio, facendo sentire inutile la grande passione e professionalità che mettiamo nel nostro lavoro e con la sensazione che la nostra voce si perda nel vuoto”.

QUALE MODELLO PER L’ITALIA
Conclude la presidente del SIL: “Da tempo è tempo del coraggio, è tempo di schierarsi una volta per tutte per un modello diffuso e non concentrato di diffusione del sapere, che guardi alla qualità e non alla competizione sul prezzo. Modello che fin qui, è palese, ha ampiamente fallito. E ha fatto fallire e chiudere migliaia di piccole imprese librarie”.

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