Si è riunito al Mise il 13 ottobre scorso il gruppo “produzione” nell’ambito del tavolo Automotive, insediato al Ministero. All ‘incontro, convocato dal viceministro allo Sviluppo economico, Gilberto Pichetto Fratin, hanno partecipato i rappresentanti delle principali associazioni di categoria, le aziende e i sindacati di settore.
L’incontro ha avuto la finalità di mettere insieme i contributi di tutti gli stakeholders in merito all’andamento del mercato automotive e alle eventuali proposte per i sistemi di incentivazione, valutando se possibile che l’ecobonus diventi una misura strutturale. Questi i temi sul tavolo nazionale per accompagnare dieci anni di trasformazione per un settore che vale il 20% del Pil italiano e fa i conti con una forte contrazione delle immatricolazioni auto che registra nel triennio una forte perdita un 21,8% di immatricolazioni in meno rispetto al 2019.
Il punto è la valutazione di un ecobonus strutturale per sostenere la sostituzione delle auto con motore endotermico con quelle a propulsione elettrica. Il Mise pensa di poter mettere sul piatto almeno 1 miliardo di euro all’anno per tre anni per rendere la misura strutturale ed evitare che il mercato vada avanti in un clima di incertezza, indicato dagli intervenuti come una delle cause del rallentamento delle immatricolazioni. Una misura che nel triennio 2022 – 2024, vale 3 miliardi. Questo darebbe respiro al mercato chiamato alla prova della ripresa post pandemica, alle prese con la crisi dei microchip e con un rapido esaurirsi dei fondi dei bonus.
I partecipanti al tavolo hanno evidenziato la necessità di intervenite su tutto il parco auto e di non chiudere le linee di finanziamento nei confronti delle auto tradizionali sostenendo i contributi per l’acquisto anche delle vetture usate a motore endotermico con “basse” emissioni di Co2, conseguendo il doppio obiettivo di abbattere le emissioni legate al parco circolante, di cui almeno un quarto ante euro 4, e di liberare risorse per auto di nuova generazione e a propulsione elettrica. Per perseguire gli obiettivi dichiarati occorre però garantire la contemporaneità del doppio flusso di incentivi auto, sia a chi compra un’auto usata euro 5-6, sia a chi compra un’auto nuova. Questo aiuterebbe la produzione nella riconversione graduale verso le nuove motorizzazioni come richiesto dal piano UE “Fit for 55” secondo il quale nel 2035 ci sarà lo stop definitivo alla produzione di veicoli endotermici.
Confesercenti ha sottolineato al tavolo il periodo di particolare crisi economica che ha attraversato il paese nella durissima fase della pandemia, con imprese chiuse e consumi a picco. Nel quadro descritto gli autoveicoli commerciali, che sono parte strumentale primaria per le imprese- dagli agenti di commercio agli operatori su aree pubbliche, a quelli della ristorazione e della produzione come panificatori e gastronomi, ai conducenti ncc ed altri- veicoli che hanno un tasso di sostituzione di 29 anni, hanno certamente bisogno di essere rinnovati. Ma nel quadro economico descritto è più facile immaginare una sostituzione usato su usato, verso motorizzazioni a più basse emissioni, rivedendo anche la fiscalità sulle auto aziendali. Questo elemento è fondamentale per governare un processo di decarbonizzazione che deve fare i conti anche con una rete distributiva di energia oggi focalizzata sui carburanti tradizionali, che dovrà riposizionarsi sulle nuove propulsioni. Ciò per evitare un parco circolante spinto sul modello elettrico ma privo di una reale infrastruttura logistica di supporto e ricarica. Per questo è necessario, anche dal punto di vista della produzione, da un lato sostenere le nuove motorizzazioni e le immatricolazioni di veicoli nuovi nell’ambito di una visione più complessiva, che guarda l’intero parco auto, e dall’altra graduale, in cui rientra anche lo svecchiamento del parco circolante, riservando una quota importante al programma di sostituzione delle auto più inquinanti con vetture di nuova generazione. Questo per Confesercenti darebbe un doppio risultato in termini di abbattimento complessivo delle Co2 e di tempi tecnici per una realizzazione necessariamente graduale delle infrastrutture di ricarica ad alta potenza su tutta la rete stradale e autostradale, dove le 23 mila aree di servizio italiane possono essere l’asset strategico della transizione, senza consumare nuovo suolo e impattare nuovi costosi impianti.