Dura presa di posizione delle associazioni: “deve restare un servizio sostitutivo alla mensa”
“Bocciato senza riserve.” Cosi FIEPET (Federazione pubblici esercizi) e FIESA (Federazione esercenti settore alimentare) Confesercenti Modena, nei confronti del provvedimento ministeriale che ha modificato la normativa dei buoni pasto e dei ticket che Pubblica Amministrazione e privati, assegnano ai dipendenti in sostituzione del servizio mensa. E le ragioni sono semplici: il decreto ministeriale ha ampliato – dal 9 settembre – il numero degli esercizi in cui possono essere utilizzati, tra cui agriturismi, coltivatori diretti, spacci aziendali e mercatini. Oltre, alla possibilità di cumulare fino ad otto buoni pasto a volta.
Il decreto 7 giugno 2017, n. 122 emanato dal Ministero dello Sviluppo Economico prevede che, a partire dal 9 settembre 2017, i buoni pasto possono essere utilizzati sia dai dipendente a tempo pieno o a part-time, sia dai collaboratori ai quali l’azienda voglia offrire tale agevolazione per effetto di regolamento o di prassi aziendale. Inoltre:
- l’utilizzo del buono non deve necessariamente avere luogo in un giorno lavorativo ma anche in una giornata non lavorata o festiva;
- è prevista la possibilità dell’uso cumulativo fino ad un massimo di 8 buoni pasto maturati giornalmente. Il titolare dei buoni (dipendente o collaboratore) può effettuare un acquisto di alimenti e bevande dando in cambio al massimo 8 buoni;
- sono individuati gli esercizi convenzionati presso i quali può essere utilizzato il buono: bar, ristoranti, trattorie, esercizi ambulanti, esercizi al dettaglio che vendono prodotti alimentari, supermercati, agriturismi e ittiturismi.
Non sono stati modificati i limiti di esenzione da imposte e contributi che rimangono quelli fissati dall’art. 51 del TUIR: fino a 5,29 euro per i buoni cartacei e fino a 7,00 euro per i buoni elettronici.
La modifica, per Daniele Mariani Presidente provinciale FIESA, snatura la norma che mira a dare un trattamento fiscale di favore alla materia, per i lavoratori che li utilizzano in sostituzione del servizio mensa, dunque, nei pressi dei rispettivi luoghi di lavoro e negli orari della pausa pranzo. “La cumulabilità ne stravolge il contenuto. Perché consente la possibilità di utilizzarli per fare acquisti, anche in tempi differiti rispetto alla consumazione del pasto sostitutivo al servizio mensa, di prodotti destinati non al consumo immediato”.
“Quanto deciso dal MiSE – fa notare Gianfranco Zinani, Presidente provinciale FIPET – rischia di creare nuove ulteriori problemi alla categoria dei pubblici esercizi perché trasforma di fatto i buoni pasto in buoni acquisto, allontanando sempre più clienti da ristoranti, bar e tutte le attività di somministrazione. Il buono pasto è nato come servizio sostitutivo alla mensa e così deve restare. Pena, la messa in difficoltà di una categoria che solo ora, anche in ambito locale inizia nuovamente a crescere dopo anni di crisi. Va inoltre evidenziato che, tra sconti diversi, tempi di pagamento allungati ed altri costi accessori, la gestione dei buoni pasto ha complicato enormemente la vita dei pubblici esercizi”.
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