Pil cala dello 0,2% in 2023, crescita negativa anche per Germania
L’economia mondiale si trova a “navigare acque agitate” e le “nubi di tempesta” che si addensano all’orizzonte lasciano prevede che il “peggio deve ancora venire”. Il Fondo Monetario Internazionale ricorre a tre metafore per descrivere lo stato di salute dell’economia mondiale – piegata dalla guerra in Ucraina, dal Covid e da un’inflazione che galoppa – e spiegare la revisione al ribasso delle sue stime di crescita per il 2023.
Una sforbiciata che non risparmia neanche l’Italia, per la quale la previsione è di una recessione.
Il pil italiano è atteso crescere quest’anno più delle attese e segnare un +3,2% grazie alla ripresa del turismo e della produzione industriale, dice il Fondo Monetario Internazionale.
Un risultato che consente al Belpaese di archiviare il 2022 al livello della Cina e meglio della Francia (+2,5%) e della Germania, battuta anche il prossimo anno (rispettivamente +1,5% e -0,3%).
Nel 2023 però è attesa una significativa frenata, con il Pil italiano previsto contrarsi dello 0,2% in un contesto di disoccupazione in aumento al 9,4% (dall’8,8% del 2022), ma di miglioramento dei conti pubblici (il debito e il deficit sono attesi in calo).
Il “forte rallentamento è in gran parte dovuto ai prezzi dell’energia ma anche all’impatto della stretta monetaria”, spiega il capo economista del Fondo Monetario Internazionale, Pierre Olivier Gourinchas.
Il Fondo si aspetta una “recessione tecnica” per l’Italia nei prossimi mesi e stima che i rischi all’outlook sono al ribasso e dipendendo dai prezzi dell’energia.
La raccomandazione degli esperti di Washington al Belpaese è in linea con quella ad altri grandi economia: procedere con misure a sostegno dei più deboli invece che con azioni non mirate e assicurarsi che il debito sia su una traiettoria di calo.
Parla di recessione tecnica in corso il Documento Programmatico di Bilancio, prevedendo però una ripartenza dell’economia dal secondo trimestre del 2023.
Il consiglio impartito dal Fondo Monetario Internazionale all’Italia sembra calzare perfettamente alla Gran Bretagna, dove le tensioni sui mercati continuano dopo il piano di taglio delle tasse proposto dal primo ministro Liz Truss tanto da costringere la Bank of England a un nuovo intervento di emergenza.
Londra, così come Parigi, Berlino e Eurolandia è attesa frenare nel 2023 sulla scia del rallentamento dell’economia mondiale, prevista crescere il 2,7% e sulla quale gravano rischi al ribasso.
Secondo il Fondo Monetario Internazionale ci sono infatti un 25% di chance che la crescita globale scivoli sotto il 2%, un evento storico osservato negli ultimi 50 anni solo cinque volte.
“Più di un terzo dell’economia globale si contrarrà nel 2023. In breve il peggio deve ancora venire e per molti il 2023 sarà avvertito come recessione”, avverte il Fondo Monetario Internazionale.
“Non siamo ancora in una crisi, ma le cose non sembrano buone”, mettono ancora in evidenza gli esperti di Washington.
Fra le priorità di azione identificate dal Fondo c’è una lotta senza tregua all’inflazione.
“Le banche centrali devono continuare ad agire in modo risoluto per riportare l’inflazione al loro target”, esorta il Fmi, prevedendo un aumento dei prezzi al consumo a livello globale dal 4,7% del 2021 all’8,8% nel 2022, per poi calare al 6,5% nel 2023.
Livelli ben lontani dall’obiettivo del 2% delle maggiori banche centrali e che mostrano come la strada è ancora lunga.
Una strada non facile ma che va perseguita perché non farlo avrebbe conseguenze peggiori.
L’attenzione è alta soprattutto per le prossime mosse della Fed, le cui decisioni hanno un impatto globale anche per il loro effetto sul dollaro.
Jerome Powell è atteso procedere con un nuovo rialzo dei tassi dello 0,75% alla prossima riunione di novembre e potrebbe optare per una altra stretta di pari entità anche in dicembre.
Insomma la mano pesante della banca centrale americana dovrebbe continuare allontanando – è il timore degli economisti di Wall Street – l’agognato ‘atterraggio morbido’ e aprendo la strada – per dirla con le parole dell’amministratore delegato di JPMorgan Jamie Dimon – a una “probabile recessione in sei-nove mesi”.
Il debito pubblico italiano dovrebbe continuare a frenare, dopo il picco raggiunto negli anni 2020 e 2021, caraterizzati da imponenti misure di sostegno ad imprese e redditi familiari in concomitanza con il picco della pandemia di Covid. Nel Fiscal Monitor di ottobre, il Fondo monetario internazionale stima che nel 2027 il debito italiano dovrebbe attestarsi al 142,5% del
Pil, dopo essere arrivato al 155,3% nel 2020.