I dati Istat: scende del 2,9% su base annua, giù anche su base mensile: -0,9%
La crisi italiana non si riesce ad archiviare. Secondo Moody’, che lo scrive nel suo Global Macro Outlook, il nostro Paese rischia una crescita zero nel 2015, per la precisione tra -0,5% e +0,5%. Nel suo Outlook dello scorso anno Moody’s aveva previsto una crescita tra -0,3% e +0,5%. “Le riforme economiche realizzate nei paesi periferici – si legge nel rapporto – e piu’ di recente in Italia e Francia avranno un impatto positivo ma graduale”. “Nel breve termine – si legge – ci aspettiamo ulteriori aumenti della disoccupazione nei paesi piu’ deboli dell’Eurozona, come Francia e Italia, che indeboliranno i consumi e prolungheranno la crescita molto bassa”.
Moody’s “non prevede un rimbalzo significativo” di crescita del Pil globale nei prossimi due anni, a causa del graduale rallentamento in Cina e degli “impedimenti strutturali alla crescita” nell’area euro e delle difficolta’ in Brasile e Sudafrica. Per il 2014 Moody’s prevede che la crescita nell’area euro si arresti a +0,7% per risalire a +1,3% nel 2015 e 2016.
Brutte notizie in arrivo anche dall’Istat: nella media del trimestre luglio-settembre 2014 la produzione industriale in Italia è diminuita dell’1,1% rispetto al trimestre precedente. Il dato è il più basso dal quarto trimestre del 2012. Secondo le rilevazioni Istat nella media dei primi nove mesi dell’anno la produzione è scesa dello 0,5% rispetto allo stesso periodo del 2013. La produzione industriale a settembre torna a scendere, segnando un calo del 2,9% su base annua (dato più basso da settembre 2013) e dello 0,9 rispetto al mese di agosto. L’Istat aggiunge che le variazioni negative sia congiunturali che tendenziali coinvolgono tutti i comparti.
L’Istituto di statistica spiega che la produzione industriale a settembre ha variazioni negative in tutti i comparti: su base mensile, per quanto riguarda i dati destagionalizzati, a scendere più di tutte è la produzione di beni di consumo (-3,2%), seguita dai beni strumentali (-2,4%), l’energia (-1,5%) e in misura “più lieve”, i beni intermedi (-0,8%).