La protesta realizzata al valico del Brennero in difesa del Made in Italy agro-alimentare pone un problema concreto e corretto ma in modo sbagliato.
Le migliaia di manifestanti che si sono radunati al valico italo-austriaco hanno posto un serio problema di tutela delle produzioni agro alimentari italiane.
Il nostro Paese è leader in Europa per prodotti a denominazione protetta e controllata: dall’orto-frutta al vino, ai formaggi, ai prodotti da forno, alle carni e ai salumi, passando per oli e conserve. Operare per la valorizzazione di questo enorme patrimonio eno-gastronomico e agro-alimentare è un dovere per tutta la filiera pubblica ed istituzionale. In questo senso è persino apparso fuori luogo la presenza di un Ministro che dovrebbe mettere in atto politiche e non proteste. Il Ministro farebbe bene a frequentare e a imporre politiche agricole a livello comunitario che valorizzino le specificità italiane invece che andare a raccogliere facili consensi tra operatori messi alle strette dalla concorrenza sleale e dalla contraffazione dei nostri prodotti. Se, dunque, il problema è la falsificazione dei prodotti agro-alimentari, danno che colpisce l’intera filiera alimentare italiana, dalla produzione alla distribuzione, passando per la produzione, la questione posta deve trovare la sua sede di discussione nell’intera filiera. La manifestazione del Brennero appare, pertanto, come una fuga in avanti e una mossa propagandistica ad uso e consumo di chi l’ha promossa e non degli agricoltori e della filiera agricola ed alimentare italiana. In questa prospettiva la presenza del Ministro è ancora di più senza un senso istituzionale.
Il messaggio che rischia di passare sui media europei – falsando il vero problema – è che il sistema agro alimentare italiano vuole rifugiarsi in un protezionismo fuori dal tempo, chiedendo barriere ed altro. Il vero problema invece è dar vita ad una politica agricola comune che dia gambe e forza ai territori, valorizzando le vocazioni locali e non premiando sempre le grandi produzioni estensive; occorre introdurre normative igieniche e sanitarie che non penalizzano le piccole produzioni, paragonate alle grandi industrie del nord Europa. Basta attingere allo small business act.
Dal punto di vista degli operatori commerciali sarebbe invece il caso che gli organi preposti facciano rispettare la già corposa normativa a difesa del Made in Italy e che la stessa cosa facciano gli stessi agricoltori evitando di vendere sui propri banchi e sui loro fondi prodotti provenienti da altri mercati. I primi a violare il patto fiduciario con i consumatori, sotto questo punto di vista, sono proprio alcuni agricoltori.
La grande scommessa del Made in Italy si vince tutti insieme, garantendo a tutti i livelli la tracciabilità dei prodotti, evitando duplicazioni e oneri burocratici asfissianti. Questo non va letto nella logica della protezione degli agricoltori italiani ma in quella di garantire ai consumatori finali la conoscenza della provenienza dei prodotti che mangiano. Sulla tracciabilità occorre sgomberare il terreno da un grosso equivoco. Già oggi i prodotti alimentari debbono recare le indicazioni sulla produzione ed essere tracciati. Inoltre le imprese italiane che lavorano nel settore possono indicare l’origine del prodotto trasformato, dandogli un valore aggiunto.
Un ruolo lo deve svolgere anche il consumerismo italiano: non si può immaginare di consumare un olio italiano di alta qualità pagandolo 2 euro o un vino di pregio al costo di 1 euro preso su uno scaffale anonimo. C’è bisogno di un salto di consapevolezza dei consumatori e, in questo, le polemiche sui prezzi svolte da alcune Associazioni agricole certamente non hanno aiutato la crescita della cultura del consumo consapevole e di qualità.
Un modo concreto e serio di porre la questione è, dal punto di vista degli operatori specializzati della distribuzione alimentare, quello di presidiare i canali della grande distribuzione organizzata e vedere in che modo viene tutelato e promosso il Made in Italy e in che modo vengono veicolati i prodotti contraffatti nei diversi canali distributivi.
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