Lavoro, interrogazione parlamentare Gigli su ricadute occupazionali della legge Fornero e su iniziative da intraprendere per realizzare la staffetta intergenerazionale tra lavorate anziano e neoassunto cita studio Confersercenti Ref
Di seguito riportiamo il testo dell’interrogazione con risposta scritta di Gian Luigi Gigli, Scelta Civica
— Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
secondo uno studio di Ref Ricerche — Confesercenti del giugno 2015, l’applicazione della legge 28 giugno 2015, n. 92, recante cosiddetta legge Fornero di riforma della previdenza ha portato ad un rapido aumento dei lavoratori compresi tra i 55 ed i 65 anni: rispetto al 2010, oggi ce ne sono quasi un milione in più. Un ulteriore ostacolo all’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, che si somma alle difficoltà dovute alla crisi;
la ridotta domanda di lavoro, infatti, ha sicuramente limitato molto le opportunità di ingresso per i giovani. Ma anche la rallentata uscita dei lavoratori più anziani ha comportato un aggravio della situazione. Simulazioni per il quadriennio 2011-2014 effettuate «al netto della riforma», ovvero partendo dalle tendenze osservate fino al 2010, evidenziano come anche senza la «riforma Fornero» si sarebbe osservato comunque un incremento non trascurabile del tasso di attività per la classe matura (55-64 anni), pari a 4 punti percentuali in un quadriennio;
tuttavia, i dati effettivi, osservati ex-post e che includono quindi gli effetti della riforma, hanno evidenziato come invece il tasso di attività per questa classe di età si sia bruscamente innalzato di oltre 11 punti in quattro anni. I numeri assoluti sono impressionanti: si tratta, infatti di quasi un milione (919 mila) attivi in più rispetto al 2010 e 815 mila occupati nella classe 55-64. Tale incremento ha in parte spiazzato l’occupazione giovanile, dato il periodo di domanda di lavoro in flessione per effetto della crisi, e quindi insufficiente ad assorbire l’offerta aggiuntiva;
già prima della crisi, infatti, per i giovani l’ingresso nel mercato del lavoro risultava particolarmente difficoltoso; stime dell’Ocse indicano come in Italia fossero mediamente necessari 25,5 mesi per trovare un primo impiego (contro i 18 della Germania, i 19 del Regno Unito e i 14 della Danimarca). La situazione è però nettamente peggiorata con la crisi. Secondo i dati più recenti diffusi dall’Istat, a inizio 2015 tra i giovani tra i 18 e i 29 anni il tasso di disoccupazione è pari al 32 per cento, un livello più che raddoppiato rispetto alla situazione pre-crisi (15 per cento nel 2008);
anche in questo caso hanno inciso le riforme previdenziali pregresse. Se durante gli anni ottanta e novanta il tasso di partecipazione (e di conseguenza quello di occupazione) è, infatti, andato calando per la classe d’età compresa tra i 55 e i 64 anni, a fronte di un andamento invece stabile nella media europea, con il primo decennio degli anni duemila si è registrata un’inversione di tendenza. Si è infatti osservato un progressivo innalzamento del tasso di partecipazione e in quello di occupazione nelle classi di età più matura, da ricondurre a effetti dell’innalzamento dell’età di pensionamento conseguenza delle riforme degli anni novanta. In questo quadro hanno inciso anche la maggiore diffusione di lavori mediamente più qualificati e meno usuranti, che si associa anche ad una maggiore propensione a restare più a lungo al lavoro;
la situazione dell’occupazione giovanile nel nostro Paese sembra essere migliorata nella seconda parte del 2015: a partire dal mese di luglio, infatti, dati dell’Istat e di Intesa Sanpaolo certificano come l’incipiente ripresa del ciclo economico (sia pur modesta) abbia, accanto agli effetti delle misure governative, cominciato ad avere un impatto tangibile sulla disoccupazione;
la volatilità dei dati e la lentezza della ripresa hanno, tuttavia, stimolato il dibattito relativo alla necessità di rendere meno rigidi i paletti fissati dalla «riforma Fornero» in materia di accesso alle pensioni, nella convinzione — espressa anche dal Ministro interrogato — che l’uscita anticipata dei lavoratori avrebbe agevolato l’accesso nel mondo del lavoro dei giovani;
valutata in un primo momento la possibilità di inserire la flessibilità utile all’uscita anticipata dal posto di lavoro nella legge di stabilità per il 2016, il Governo ha rinviato qualsiasi decisione sull’argomento ai prossimi provvedimenti in materia;
l’introduzione di una flessibilità in uscita, ottenuta attraverso un ammorbidimento delle regole previdenziali, è un’ipotesi molto importante, anche in considerazione del fatto che nel 2020 l’Italia avrà l’età pensionabile più alta d’Europa e che questo dato, combinato con l’invecchiamento generale della popolazione, renderebbe la situazione sopradescritta relativa al mercato del lavoro ancora più preoccupante –:
quali tempestive iniziative intenda adottare in materia di flessibilità in uscita al fine di realizzare quella «staffetta» intergenerazionale tra lavoratore anziano e neoassunto che, nel quadro di una riforma previdenziale più organica, potrebbe risultare di grande beneficio nel promuovere l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. (4-11135)