Tra Iri ed Iva imprese rimandate all’anno prossimo, ci aspettavamo di più
Una manovra d’attesa, che fa slittare una buona parte delle questioni economiche poste dalle imprese alla prossima legislatura e alla legge di bilancio del prossimo anno.
Dalla Camera esce un testo deludente, orientato ad esigenze elettorali ma che mantiene poco di quanto promesso a favore delle imprese, cui non risparmia invece colpi inaspettati. Da questo punto di vista, l’esempio più eclatante è certamente il rinvio dell’IRI, che costerà agli imprenditori quasi 2 miliardi di euro in benefici fiscali promessi e poi revocati improvvisamente. Ma è da considerare anche la batosta burocratica causata dal mancato riporto delle perdite per le imprese che adottano il regime di cassa, provvedimento atteso da circa due milioni di operatori economici. C’è anche un altro milione di imprese deluso: quello che sperava nell’estensione della cedolare secca anche agli affitti dei locali commerciali, provvedimento promesso più volte e poi diventato un impegno per il futuro. Bene invece il credito d’imposta del 50% sulle commissioni sostenute dai gestori carburanti che accettano pagamenti in moneta elettronica; un provvedimento che però andrebbe esteso anche alle altre categorie di esercenti caratterizzate da bassi margini.
Per il resto, anche le soluzioni più positive trovate dalla manovra, come il blocco dell’aumento IVA – che riteniamo di importanza fondamentale – sono solo temporanee. Le clausole di salvaguardia, infatti, andranno sterilizzate nuovamente per il 2019, come ogni anno. Pure su Web Tax e affitti brevi siamo lontani dall’aver raggiunto un punto fermo. E non resta che sperare che il prossimo anno possa vedere finalmente aprirsi anche il capitolo della previdenza per autonomi e imprenditori individuali, completamente ignorato dalla manovra attuale: oltre all’esclusione degli autonomi dalla lista dei lavori gravosi, non è stata rinnovata nemmeno la rottamazione delle licenze dei commercianti, che pure continuano a contribuire al fondo. Per la Bolkestein, invece, si è scelto di far slittare tutto al prossimo Governo con un provvedimento assurdo, che si vuole far passare come a favore delle imprese, che non solo getta ancora di più nel caos il settore del commercio su aree pubbliche, ma lo degrada in modo inaccettabile, privandolo della dignità imprenditoriale e trasformandolo in un’attività marginale, che esiste solo per garantire i livelli di occupazione.
Un gioco al rinvio che non può che danneggiare le imprese, che hanno bisogno di provvedimenti chiari e di certezze per programmare la loro attività ed agganciare la ripresa, che in molti settori, commercio al dettaglio in primo luogo, fatica ancora ad essere avvertita.