Moda, lo stile non è più nel DNA degli italiani? In avvio 2013 scende la spesa (-3 miliardi) e chiudono più di 4mila negozi e si svuotano le vie della moda

A rischio settore da 66,5 miliardi di euro. E il turismo fashion salta le città per finire negli outlet.

Il gene della moda? Crisi e austerità sembrano averlo cancellato dal DNA degli italiani. E anche le botteghe e i negozi di abbigliamento del nostro Paese, un tempo trampolino di lancio delle nuove tendenze mondiali, stanno via via scomparendo. Dopo la flessione di spesa del 10,2% in abbigliamento e calzature registrata nel 2012 (- 6,8 miliardi), a gennaio 2013 questa, nonostante i saldi invernali, ha continuato a contrarsi, segnando il – 4,5% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Un calo consistente e prolungato, che mette a rischio la storica rete italiana di negozi di abbigliamento tradizionali. Che, tra le imprese travolte dalla crisi del mercato interno, sono i più colpiti: su un totale di 14.674 PMI che, secondo le nostre proiezioni, scompariranno entro la fine del trimestre, quasi una su tre (4.171) sarà un’impresa attiva nella distribuzione moda. La stima è di Fismo-Confesercenti, l’associazione di categoria Confesercenti del settore, che avverte: “Emorragia gravissima, che mette a rischio un’industria da 66,5 miliardi e gli effetti benefici del turismo ‘fashion’ per l’economia delle nostre città: i turisti dell’abbigliamento già le saltano per finire negli outlet”.

“Stiamo perdendo la cultura del bello – avverte Roberto Manzoni, presidente Fismo – sia nell’indossare che nel fare. Le imprese del settore stanno vivendo una situazione di difficoltà epocale, e la politica non sembra riuscire ad affrontare i problemi reali del Paese”.

Da Status Symbol a spesa da tagliare: consumi in calo del 5% anche nel 2013.

Nonostante l’abbigliamento ‘Made in Italy’ continui ad essere una delle eccellenze del nostro Paese, la diminuzione del reddito globale continuerà a ridurre la spesa dedicata alla moda dalle famiglie italiane. Dopo il -4,5% registrato a gennaio, Fismo Confesercenti prevede per l’anno in corso un aggravarsi della situazione, con un calo del 5% sul 2012, pari a quasi 3 miliardi di euro in meno. Alla fine del 2013, la spesa delle famiglie in abbigliamento sarà scesa di 10 miliardi dal 2011: il calo più consistente di sempre. La quota di spesa dedicata al vestiario si è attestata nel 2012 al 7,1%: quasi la metà del 13,6% registrato nel 1992, e che ci poneva – assieme al Giappone – al vertice della classifica mondiale. In parte il processo è dovuto senz’altro a motivi culturali: il concetto stesso di status symbol, che una volta includeva spesso e volentieri particolari capi di vestiario, anche importanti, sembra ormai essersi spostato in verso i prodotti tecnologici. Tanto che la spesa delle famiglie per la moda si è erosa negli ultimi anni, sebbene mai a ritmi veloci come quello attuale: tra il 2000 e il 2011 si sono persi ‘solo’ 6 miliardi di euro. Ma il crollo avvenuto negli ultimi due anni mette a nudo il peso della crisi economica nella scelta degli italiani di avere meno vestiti: in periodi di difficoltà, infatti, si rinuncia spesso ad acquistare un nuovo capo d’abbigliamento, facendo affidamento sul vecchio guardaroba.

Tabella 1. Spesa abbigliamento Italia (milioni di euro)

  2000 2011 2012 2013*
Spesa totale 72.800 66.500 59.700 56.750

*Stime Osservatorio Confesercenti

Distribuzione moda: negozi schiacciati tra crisi, tasse ed eccessi di concorrenza. Nel 2013 a rischio 16.684 esercizi

Nel primo bimestre 2013, nonostante l’avvio dei saldi (partiti dallo sconto medio record del 40%) i consumi di vestiario hanno continuato a ridursi, portando alla chiusura di 3.482 imprese del tessile e dell’abbigliamento, per un saldo negativo di 2.767 unità, destinato a lievitare nel trimestre – come visto – a quota 4.150. Se il trend dovesse continuare inalterato, a fine anno le chiusure saranno quasi 21mila, mentre il saldo negativo arriverà a 16.684 esercizi. La causa principale è chiaramente la riduzione della spesa degli italiani; ma sulle imprese pesano anche la pressione fiscale molto alta e il caro-affitti. Si sconta altresì un eccesso di concorrenza: da un lato, dell’industria della contraffazione moda, che fa perdere al settore 12 miliardi l’anno; dall’altro, quella dei siti di “saldi privati” online e dei Factory Outlet, che sostanzialmente praticano promozioni per tutto la durata dell’anno. E che stanno erodendo, grazie alla concorrenzialità del principio anti-economico del ‘sotto-costo’, quote ai restanti canali di distribuzione. Nel 2012 attraverso l’eCommerce e i Factory Outlet, combinati, è passata una spesa di 1,6 miliardi.

 

Tabella 2 – Stime saldo apertura/chiusura imprese moda per le regioni italiane.

Regione

I Trimestre*

2013*

Piemonte

– 361

-1444

Valle d’Aosta

– 5

-20

Lombardia

– 491

-1964

Trentino Alto Adige

– 39

-156

Veneto

– 303

-1212

Fiuli-Venezia Giulia

– 70

-280

Liguria

– 156

-624

Emilia-Romagna

– 305

-1220

Toscana

– 326

-1304

Umbria

– 42

-168

Marche

– 93

-372

Lazio

– 378

-1512

Abruzzo

– 132

-528

Molise

– 15

-60

Campania

– 426

-1704

Puglia

-333

-1332

Basilicata

– 61

-244

Calabria

– 165

-660

Sardegna

– 105

-420

Sicilia

– 365

– 1460

Totale Italia

-4171

– 16.684

*Stime Osservatorio Confesercenti

Desertificazione: nel 2013 dalle tre principali città che ‘fanno moda’ spariranno 1200 imprese

La crisi della distribuzione moda colpisce tutta l’Italia. E nemmeno le tre capitali della moda italiane, Milano, Firenze e Roma, città di peso internazionale nel mondo della fashion industry, sfuggono alla desertificazione. Entro la fine dell’anno, stima Fismo, nel comune di Milano 342 negozi di abbigliamento chiuderanno senza essere sostituiti. A Firenze il saldo sarà negativo per 132 unità. Ma la perdita più grave si registrerà nel territorio di Roma Capitale, dove spariranno 750 negozi moda: più di due al giorno. In totale, nelle tre città, il saldo complessivo sarà in rosso di 1224 imprese.

 

Tabella 3 – Saldo imprese abbigliamento nelle “città della moda”. Stime 2013

 

Comune Saldo Annuale*
Milano -342
Firenze -132
Roma 750
Totale -1224

*Stime Osservatorio Confesercenti

 

A rischio un settore da 66,5 miliardi: in un anno perso l’8,7%

In pericolo non c’è solo un simbolo culturale dell’Italia, ma anche un’industria di grande valore economico. Considerando, oltre agli esercizi di distribuzione, anche la produzione moda che viene prodotta in Italia e venduta nel paese attraverso i negozi tradizionali, il settore nel 2012 valeva 66,5 miliardi: 54,5 miliardi per quanto riguarda l’abbigliamento, 12 per calzature e accessori. Un dato in calo dell’8,7% rispetto ai 72,3 miliardi registrati nel 2011 e ascrivibili per 58,8 miliardi all’abbigliamento e per il 13,5 alle calzature.

 

Tabella 4 – Valore settore moda 2011-2012

2011 2012 Var. (%) 2011-2012
Abbigliamento 58,8 54,5 – 7,8%
Calzature, accessori etc… 13,5 12 – 12,5%
Totale 72,3 66,5 – 8,7%

 

Dalle città agli outlet: la fuga dei turisti del ‘fashion’

Tra gli effetti collaterali della crisi della storica rete di distribuzione moda delle nostre città, la perdita di turisti del fashion: quella fetta del turismo, cioè, che visita il nostro Paese con l’intenzione di acquistare prodotti di vestiario Made in Italy. Per l’Italia, si tratta di una risorsa importante, che porta ogni anno decine di migliaia di turisti nei centri storici delle nostre città d’arte, con i conseguenti effetti benefici sull’economia locale. Negli ultimi anni, i viaggi organizzati dei turisti del fashion sembrano però aver progressivamente cambiato destinazione: sono sempre di più, infatti, i tour operator che portano i visitatori stranieri direttamente nelle cittadelle dell’outlet, i centri commerciali del sottocosto che sorgono nei territori periferici, saltando le nostre città. Nel 2011, il 10,4% delle spese totali dei turisti stranieri nel nostro Paese è stata compiuta all’interno di un outlet.

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