Per migliorare la vivibilità non servono divieti, ma controlli.
«Se il Comune è pronto a ritirare l’ordinanza anti movida e a sedersi al tavolo per discuterne, insieme, una nuova, anche noi siamo disponibili a fare lo stesso con il ricorso al Tar, il cui pronunciamento nel merito del provvedimento è atteso entro la fine dell’anno». È questo il messaggio principale lanciato dalle associazioni dei pubblici esercizi nella conferenza stampa convocata stamani – lunedì 3 ottobre – per tornare a sensibilizzare l’amministrazione rispetto ad un provvedimento rivelatosi punitivo in maniera indiscriminata nei confronti di tutti i locali del centro storico senza, per altro, avere avuto effetti concreti sulla vivibilità del quartiere.
«Se con essa si intende la semplice riduzione degli schiamazzi notturni, la vivibilità potrà anche essere migliorata – riflette Cesare Groppi, segretario di Fiepet Confesercenti Genova -. Di certo, però, la chiusura anticipata e indiscriminata dei bar ha provocato un sensibile un peggioramento sul fronte della sicurezza, perché è chiaro che una strada buia e silenziosa risulta anche molto più pericolosa ed esposta ad episodi di spaccio, violenza e rapine. D’altra parte, nemmeno le associazioni dei residenti appoggiano in maniera compatta l’ordinanza, proprio perché molti tra quanti vivono in centro storico riconoscono il fondamentale ruolo di presidio dei pubblici esercizi».
«Per porre rimedio ai problemi della movida – prosegue Groppi – non servono divieti, ma controlli. E le regole vanno fatte rispettare, oltre che ai pubblici esercizi, anche ai singoli cittadini che tengono comportamenti scorretti, e per i quali non possono essere chiamati a rispondere i gestori dei locali». Le associazioni di categoria sono tornate a farsi sentire proprio oggi in considerazione della riunione convocata dagli assessorati allo sviluppo economico e alla legalità giovedì scorso, 29 settembre. «Un incontro dal quale non è emerso nulla di nuovo – è l’analisi del segretario Fiepet -, lasciando sul tavolo tutti i problemi per i quali gli esercenti chiedono da mesi una soluzione: a cominciare, appunto, dall‘ingiusta ed inutile chiusura anticipata dei pubblici esercizi. Ingiusta, perché non fa distinzione tra i tanti che rispettano le regole in materia di somministrazione di alcolici e i pochi che le violano. E inutile, proprio perché non è servita a migliorare la qualità della vita del centro storico».
Nel vertice della scorsa settimana si sarebbero dovuti definire anche i criteri per la costituzione dell’Osservatorio chiamato a monitorare gli effetti dell’ordinanza ed invece, anche da questo punto di vista, si è avuta una fumata nera: «L’Osservatorio continua ad essere lettera morta, eppure lo si sarebbe dovuto costituire entro due mesi dall’entrata in vigore dell’ordinanza con il coinvolgimento delle associazioni di categoria più rappresentative. Da questo punto di vista, quindi, possiamo dire che è il Comune stesso ad essere inadempiente».
Proprio l’Osservatorio, per altro, rappresenterebbe la sede ufficiale in cui avanzare le richieste di correzione dell’ordinanza, a cominciare dall’eccessiva severità con quale viene applicata la normativa sugli orari: «Al di là di multe elevate per sforamenti di poche decine di minuti, spesso le sanzioni sono notificate solo a mezzo raccomandata e non sul momento, rendendo praticamente impossibile all’esercente una pur legittima contestazione. Inoltre, abbassare la saracinesca all’una significa, nei fatti, iniziare a chiudere già un’ora prima, vale a dire il tempo necessario per risitemare il dehor, pulire e congedare i clienti. Ed è chiaro che tutto questo finisce col ridurre ulteriormente il giro d’affari dei locali che infatti da maggio a settembre, nei primi cinque mesi di applicazione dell’ordinanza, si è ridotto del 30%».