L’ultima analisi dell’Osservatorio Rischio Imprese di Cerved offre uno spaccato inquietante che sottolinea la grande sofferenza che sta attraversando il tessuto imprenditoriale italiano, soprattutto al Sud
L’ultima analisi dell’Osservatorio Rischio Imprese di Cerved offre uno spaccato inquietante che va ad aggiungersi ai tanti, troppi segnali che sottolineano la grande sofferenza che sta attraversando il tessuto imprenditoriale italiano, soprattutto al Sud.
Non bastassero gli ultimi dati della Corte dei Conti i quali ci dicono che tre milioni di contribuenti, pur dichiarando, non sono riusciti a pagare le tasse e che su dieci avvisi di irregolarità inviati dall’Agenzia delle Entrate ne viene saldato uno solo, adesso lo studio della Cerved rileva che tra il 2021 e il 2022 le società a rischio di default sono cresciute quasi del 2% raggiungendo le 99.000 unità (+11.000), con 11 miliardi di euro in più di debiti finanziari ora pari a 107 miliardi e che le società cosiddette vulnerabili nel triennio 2019-2022 sono passate dal 29,3% (181.000) al 32,6% (201.000).
Imprese “fragili” che si trovano soprattutto al Sud, dove costituiscono addirittura il 60,1% del totale. E tra le province messe peggio, quelle che contano il maggior numero di aziende a rischio, indovinate un po’, c’è proprio Reggio Calabria.
In ballo oltre le centinaia di migliaia di imprenditori pericolosamente vicini al fallimento ci sono oltre 3 milioni di lavoratori, quasi 1 su 3, che rischiano di andare a casa.
Eppure la situazione è sotto gli occhi di tutti: non c’è liquidità, accedere al credito è divenuta un’impresa quasi impossibile, l’inflazione all’8% sta divorando i risparmi, i costi dell’energia e dei carburanti sono fuori controllo e di conseguenza tutti i prezzi aumentano a dismisura, il Pnrr stenta a fornire risposte adeguate alla crescita.
L’Esecutivo, però, in questo cataclisma abbondantemente annunciato invece di affrontare le innumerevoli criticità mettendo in campo provvedimenti decisi e sistemici, iniziando da un radicale intervento a livello tributario per sgravare le aziende da un fardello divenuto ormai insostenibile e dall’attuazione di misure atte a diminuire il costo del lavoro aumentando al contempo le retribuzioni per i dipendenti, continua a offrire pannicelli caldi che, di fatto, servono poco o nulla.
Ci chiediamo quando inizierà a prevalere il buon senso, quando chi ci governa prenderà coscienza della reale situazione in cui versano tantissime piccole e micro imprese del Mezzogiorno, quando ci si renderà conto che la forbice tra il ricco nord e il sempre più povero Sud sta aumentando esponenzialmente. Proprio il contrario di quello che il Pnrr si proponeva nei principi ma, evidentemente, non nella sostanza.
D’altra parte, abbiamo tutte le ragioni per non essere molto ottimisti dato che in questo drammatico contesto, invece di affrontare i reali problemi che stanno via, via, emergendo, il Governo sembra andare nella direzione opposta alla loro soluzione trovando il tempo per accelerare le procedure attuative dell’Autonomia Differenziata. Una vergogna assoluta che affosserà definitivamente le già tenui speranze di crescita del Meridione, il tutto nel silenzio complice e intollerabile dei nostri rappresentanti in Parlamento.