L’Italia dovrà attendere ancora per assistere a miglioramenti evidenti sull’elevata disoccupazione. Secondo le previsioni Ocse dello scorso maggio la crescita in resterà modesta nel corso del 2014 per aumentare lievemente nel 2015. “Il tasso di disoccupazione è cresciuto ancora per raggiungere il 12,6% nel luglio 2014, 2,4 punti percentuali sopra la media Ue, mentre risultava occupata solo il 55,5 per cento della popolazione in età da lavoro”.
Per questo, nel capitolo sulla Penisola contenuto nel rapporto annuale sul lavoro l’Ocse “non prevede che la disoccupazione si ridurrà di molto prima della fine del 2015”.
La ripresa del mercato del lavoro è rimasta “incompleta” nell’area Ocse, dove si registra un “sostanziale rallentamento” della crescita delle retribuzioni e una crescita preoccupante della disoccupazione strutturale. E’ la fotografia scattata dall’organizzazione di Parigi nel rapporto ‘Employment Outlook 2014′. “La disoccupazione resta ben al di sopra dei livelli pre-crisi in molti paesi dell’area Ocse”, sottolinea il rapporto, “la persistenza di elevati livelli di disoccupazione si e’ tradotta in alcuni paesi in un aumento della disoccupazione strutturale, che potrebbe non invertirsi in modo automatico da una ripresa della crescita economica, avendo apportato perdite in termini di capitale umano e in motivazione nel cercare un posto, soprattutto per i disoccupati di lungo termine”.
Nell’intera area Ocse, infatti, 16,3 milioni di persone (ovvero, un disoccupato su 3) risultano senza lavoro da 12 mesi o piu’ nel primo trimestre del 2014, quasi il doppio del 2007. Secondo l’organizzazione di Parigi, tale fenomeno va contrastato con politiche che stimolino la domanda e investimenti in formazione che consentano di ricollocare le risorse. Chi invece ha conservato il proprio posto di lavoro, prosegue il rapporto, “ha visto i propri salari reali crescere piu’ lentamente o addiritura calare a causa della crisi” per via della “considerevole pressione al ribasso” esercitata dall’alta disoccupazione. “Cio’ ha aiutato a ridurre il costo del lavoro unitario e quindi a promuovere la competitività con l’estero in numerosi paesi, soprattutto nell’Eurozona”, afferma l’Ocse. Data la bassa inflazione, riflette l’organizzazione, sarebbe pero’ dannoso intervenire ancora sulle retribuzioni e per guadagnare competitività è pertanto opportuno varare riforme che “aumentino la concorrenza nei settori dei beni e dei servizi” e “accrescano il reddito dei lavoratori con bassi salari”.