Il ricorso promosso da Faib, Fegica e Figisc/Anisa contro Tamoil è stato iscritto a ruolo, presso il Tribunale del Lavoro di Milano. Il ricorso si è reso necessario dopo che la compagnia ha deciso unilateralmente di non trattare più con le organizzazioni dei gestori come pure la legge la obbliga a fare. Sono risultati inutili e vani tutti gli sforzi di mediazione intrapresi. Di fronte al rifiuto della petrolifera, le organizzazioni non hanno avuto altra strada che quella giudiziaria per vedere riconosciuti i diritti dei gestori a marchio che non possono certo essere discriminati rispetto agli altri operatori della rete. Tutto questo dopo che i vertici di Faib Fegica e Figisc/Anisa avevano persino indetto un sit-in sotto la sede della compagnia a Milano, nell’estremo tentativo di indurre Tamoil a ricevere una delegazione di gestori a marchio. Ci fu invece il rifiuto netto ad incontrare le delegazioni dei gestori Tamoil, con un atto di rottura senza precedenti per il settore delle tradizionali relazioni sindacali. Come se i gestori Tamoil fossero senza diritti e senza regole, perché è in un mercato siffatto che la compagnia libica pensa di operare. A ricordagli che invece si trova ad agire in mercato libero ma con regole e leggi specifiche ci ha pensato il Ministero dello sviluppo economico che con una propria nota ha invitato la società petrolifera ad aprire, in coerenza con il dettato normativo, le trattative per il rinnovo dell’accordo scaduto da quasi 10 anni. Il tutto mentre fioccano le sentenze. L’ultima riguarda il risarcimento di una gestione Tamoil di Roma assistita da Faib per il mancato riconoscimento dei compensi al litro previsti nell’accordo in essere, sebbene scaduto.
Evidentemente si preferisce la via giudiziaria al dialogo e al confronto. Così Tamoil dovrà spiegare al giudice del lavoro di Milano in base a quale arcano privilegio pensa di sottrarsi a specifiche, dettagliate previsioni legislative ( D.Lgs.32/98, L.57/2001, L 27/2012), a cui sottostanno tutti gli operatori, e trattare i suoi gestori fuori dalle previsioni normative e senza riconoscere ad essi quanto la legge gli assegna.
Si attende adesso l’assegnazione, da parte del Tribunale di Milano, al giudice per iniziare il dibattimento.