Costi troppo alti per le imprese Made in Italy. Serve una seria politica di sostegno
L’amore non conosce ostacoli, se non quello della crisi economica. Cosi, in tempo di ristrettezze per famiglie ed imprese, anche la più tradizionale espressione d’amore il 14 febbraio parlerà per lo più lingue straniere.
Le rose rosse dal gambo lungo (la più famosa è denominata Freedom – libertà, ed il prezzo si aggira mediamente intorno ai 7 euro), vengono dalla Columbia e dall’Ecuador, le orchidee (30/35 euro) dalla Thailandia, i tulipani dall’Olanda e poi fresie, anemoni (15 euro) ed altri fiori dai mille colori e profumi da ogni parte del mondo.
I prezzi, rispetto allo scorso anno, sono rimasti invariati – sostengono gli operatori Assofioristi – e la quantità e la qualità è abbondante, ma per evitare aumenti e raggiungere anche le fasce di innamorati di più giovane età bisogna vendere fiori d’importazione.
Il costo finale dei prodotti floreali, infatti, dipende dalla provenienza. Il Made in Italy, soprattutto per quanto riguarda le rose, raggiunge punte di vera eccellenza in fatto di qualità, ma il costo per il riscaldamento delle serre durante l’inverno non è più sostenibile per le aziende ed il ricorso ai fiori d’importazione è inevitabile.
“Una seria politica di sostegno di questo straordinario comparto – sostiene la Coordinatrice Nazionale Assofioristi, Pina Parnofiello – così come avviene nei Paesi Bassi, dove i costi energetici per le aziende florovivasitiche sono quasi nulli grazie al supporto dello Stato, permetterebbe anche al nostro Paese di avere una produzione annuale, creerebbe occupazione, abbatterebbe i costi dei prodotti e dimezzerebbe il costo finale che per le rose, ad esempio, potrebbe aggirarsi sui 3/4 euro. A San Remo e a Terlizzi, ad esempio, esistono non solo grandi mercati dei fiori, ma importanti aziende che sono costrette, visti i costi gestionali, a ridurre la produzione o ad annullarla per alcuni periodi dell’anno, lasciando spazio, per accontentare i consumatori, ai prodotti d’importazione. La qualità della nostra produzione floreale – conclude la Parnofiello – non ha niente da invidiare a quelle di altri Paesi con grandi tradizioni in questo settore, la differenza sta solo nelle politiche attente e incentivanti che vengono realizzate altrove, mentre in Italia le imprese devono lottare per sopravvivere. Anche in questo comparto, come in tanti altri, occorrerebbe maggiore attenzione e misure capaci di mettere in condizione le nostre aziende di competere”.