L’utilizzo di carbone vegetale nel pane e nei prodotti da forno, ultimamente molto apprezzato dai consumatori e all’attenzione dei media, è oggetto di un forte dibattito tra addetti della panificazione, tecnici alimentari e istituzioni. Sulla questione pubblichiamo una nota del nostro Ufficio Legislativo e un parere articolato dello Studio Legale dell’Avv. Gullini, consulente Fiesa Assopanificatori sulla sicurezza alimentare.
L’Ufficio legislativo ha evidenziato che ai sensi del Regolamento CE n. 1129/2011, intervenuto a modifica ed integrazione del Regolamento (CE) 16 dicembre 2008, n. 1333, relativo agli additivi alimentari, il carbone vegetale (o carbone attivo), ancorché integratore acquistabile in farmacia come altri additivi alimentari, rientra tuttavia nella specie dei coloranti (nella specie E 153), il cui uso è espressamente incompatibile con la produzione di pane e prodotti simili. L’anzidetta incompatibilità deriva dal “principio di trasferimento” di cui all’art. 18, par. 1, lettera a) del Reg. n. 1333/2008, ai sensi del quale nell’alimento composto (es. pane) è ammessa la presenza dei soli additivi che in uno dei suoi ingredienti (es. farina) risultino autorizzati: e, in effetti, non può essere autorizzata la presenza di coloranti nella farina e altri prodotti della macinazione e negli amidi. E’ invece consentita la presenza del carbone vegetale nei “prodotti da forno fini”, nella quantità “quantum satis” (in tal caso “non è specificata una quantità numerica massima e le sostanze sono utilizzate conformemente alle buone pratiche di fabbricazione, in quantità non superiori a quella necessaria per ottenere l’effetto desiderato e a condizione che i consumatori non siano indotti in errore).
Altra è la previsione di cui all’allegato al Regolamento UE n. 432/2012, relativo alla compilazione di un elenco di indicazioni sulla salute (Claims) consentite sui prodotti alimentari. In esso si afferma che l’indicazione “Il carbone attivo contribuisce alla riduzione dell’eccessiva flatulenza post-prandiale” può essere impiegata “solo per un alimento che contiene 1 g di carbone attivo per porzione quantificata. L’indicazione va accompagnata dall’informazione al consumatore che l’effetto benefico si ottiene con l’assunzione di 1 g almeno 30 minuti prima del pasto e di 1 g subito dopo il pasto”. Ovviamente detta indicazione sarà utilizzabile solo per gli alimenti in cui il carbone vegetale è utilizzabile, ma non nel pane, in cui, come si è visto, la presenza di detto additivo/colorante non è autorizzabile.
La Legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 e 262 del T.U. delle Leggi sanitarie approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande) stabilisce, all’art. 5, che “È vietato impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo sostanze alimentari: (…) g) con aggiunta di additivi chimici di qualsiasi natura non autorizzati con Decreto del Ministro per la Sanità o, nel caso che siano stati autorizzati, senza l’osservanza delle norme prescritte per il loro impiego. I Decreti di autorizzazione sono soggetti a revisioni annuali”. La Corte di Cassazione (Sez. III, sent. n. 1936, del 27-02-1997) ha affermato, in tema, che “Ai fini dell’integrazione della violazione prevista dall’art. 5 della Legge 30 aprile 1962 n. 283, alla luce di quanto precisato dal D.M. 6 novembre 1992 n. 525 (che sostituisce alla nozione di additivo chimico quella di additivo alimentare) e del D.M. 27 febbraio 1996 n. 209 devono considerarsi additivi chimici o alimentari quelli che: 1) non sono ingredienti tipici delle sostanze alimentari e quindi non sono usati per finalità nutritive; 2) sono aggiunti intenzionalmente per finalità tecnologiche, quali la conservazione, l’incremento del profumo; 3) diventino per ragionevole presunzione componenti della sostanza alimentare”. L’art. 6 della Legge n. 283/62 prevede che “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, i contravventori alle disposizioni (…) dell’art. 5 sono puniti con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da euro 309 a euro 30.987”.
Lo studio dell’Avvocato Gullini, in qualità di consulente Fiesa Assopanificatori, dal canto suo, ha ulteriormente argomentato la questione segnalando i diversi profili dell’incompatibilità segnalando che l’additivo viene considerato come sicuro dall’Efsa (parere del 12.07.2012). Considerando la mancanza d’assorbimento del carbone vegetale, il fatto che tale sostanza non sollevi problemi di genotossicità e cancerogenicità, a condizione che il materiale in commercio contenga meno di 1,0 μg/kg di Pah cancerogeni residui, espressi come μg/kg di benzo[a]pirene, utilizzando un metodo analitico convalidato, d’adeguata sensibilità, il gruppo Ans ha concluso che il carbone vegetale (E 153), utilizzato come colorante negli alimenti, non presenta problemi di sicurezza.
Il Regolamento (UE) 231/2012 della Commissione Europea del 9 marzo 2012 stabilisce le specifiche degli additivi alimentari elencati negli allegati II e III del regolamento (CE) 1333/2008 “Additivo: E 153 – Carbone vegetale: Benzo(a)pirene meno di 50 μg/kg nell’estratto ottenuto per estrazione di 1 g del prodotto con 10 g di cicloesano puro in un estrattore continuo”. Gli IPA (idrocarburi policiclici aromatici) sono oggetto di diverse normative. L’Europa si è preoccupata di regolare e restringere la presenza degli IPA anche nei prodotti alimentari esprimendo preoccupazione ad esempio per i prodotti affumicati, la raffinazione di alcuni tipi di olio e la lavorazione di alcuni grassi come il burro di cacao. Il Regolamento Ue n. 1129/2011 ammette il carbone vegetale E 153 come colorante. E’ inserito nell’Allegato II, Parte B, Gruppo II ed è autorizzato come colorante negli alimenti nella quantità: Quantum satis.
Rispetto ai prodotti in cui può essere contenuto, considerando la categoria Pane – Prodotti da forno (cat. 07), il regolamento a pag. 95 consente l’utilizzo del colorante E 153 nei PRODOTTI DA FORNO FINI, nella quantità QUANTUM SATIS. Il Dm 209/1996 definiva “Prodotti da forno fini” alimenti quali pasticcini viennesi, biscotti, torte e cialde. Sul sito UE è disponibile la linea guida “Guidance document describing the food categories in part E of Annex II to Regulation (EC) n.1333/08 on Food Additive”. Essa descrive le categorie di alimenti cui è possibile aggiungere gli additivi alimentari elencati nel All. II del Reg. n.1333/08/CE. La linea guida non è vincolante ma fornisce ad operatori del settore alimentare e ad organi di controllo uno strumento pratico per operare e vuole garantire controlli ufficiali uniformi sul territorio UE. Il Ministero della Salute italiano ha pubblicato una nota dove caldeggia l’utilizzo della guida e ne sottolinea alcuni passaggi che necessitano di precisazioni. La sezione “Prodotti da forno fini” cita le fette biscottate ed i cracker tra i prodotti dolci e salati, questi prodotti sono elencati anche nella categoria snack.
Questo al momento, dunque, lo stato dell’arte della legislazione in materia cui si rimanda tutti gli operatori nella preparazione di pane e dei prodotti da forno.
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