Vendite: Confesercenti, il 2017 parte male, peggior andamento dal 2015

 

Se trend confermato anno chiuderà in perdita, servono stimoli per la domanda interna

Per il commercio, il 2017 parte peggio del 2016. Dopo il rimbalzo di gennaio, trainato soprattutto dai discount, a febbraio le vendite tornano a frenare. In media, nei primi due mesi dell’anno, il calo è stato del -1,7%: la riduzione più importante degli ultimi due anni, in deciso peggioramento rispetto sia al -0,3% medio rilevato nel 2016 che al +0,3% messo a segno nel 2015. Un trend preoccupante: se dovesse continuare così, nel 2017 le vendite del commercio al dettaglio potrebbero chiudere, per il secondo anno consecutivo, in perdita.

Così Confesercenti commenta i dati sulle vendite di febbraio diffusi oggi dall’Istat.

La riduzione di vendite investe tutte le forme distributive, anche quelle che sembravano al riparo dalla crisi dei consumi come i Discount alimentari (-1,2%). Ad incidere è soprattutto la performance in calo dell’alimentare, comparto in cui registrano variazioni in valore negative entrambe le tipologie di commercio, tradizionale (-1,4%) e GDO (-1,2%). Ancora più impressionante è la caduta in volume delle vendite, che crollano (-5%) rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

Complessivamente, la frenata delle vendite sembra ascrivibile a diversi fattori, tra cui una generale tendenza all’aumento della spesa in servizi e la concorrenza degli altri canali distributivi non inclusi nel computo dall’Istat, come commercio online e commercio ambulante. Ma a pesare è anche la ripartenza dei prezzi, dovuta in primo luogo all’aumento dei beni energetici ma a febbraio particolarmente pronunciata anche per gli alimentari non lavorati a causa delle condizioni meteo. Una ripresa dell’inflazione che, in assenza di una crescita economica sostenuta, ha già iniziato a far sentire i suoi effetti sul potere d’acquisto delle famiglie e potrebbe portare ad una riduzione complessiva dei consumi, con inevitabili conseguenze su Pil e conti pubblici.

Per invertire la tendenza, proponiamo di mettere in campo misure di stimolo per la domanda interna, anche utilizzando la leva fiscale: si potrebbe, ad esempio, ipotizzare una deduzione del 50% dall’imponibile Irpef, di carattere temporaneo, per le spese in beni durevoli e semidurevoli delle famiglie. Un intervento a costo zero o quasi per l’Erario, che potrebbe recuperare il gettito perduto attraverso l’IVA pagata sull’intero importo.

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